Non ho visto nè il Nosferatu di Murnau nè quello di Herzog.
Anzi, fino a ieri a malapena conoscevo le differenze, sempre che ve ne fossero, tra la figura di Dracula e quella di Nosferatu.
Quindi questa è semplicemente la recensione di una persona che ha visto un film e ne parla a chi ha voglia di sapere cosa ne pensa.
Una recensione (o una persona) non competente sull'argomento e quindi probabilmente nemmeno interessante.
La locandina qua sopra.
Una ragazza quasi in estasi o ipnosi pronta ad accogliere qualcuno, o qualcosa.
E quel qualcosa, quell'ombra, pronto ad entrare, desideroso di lei.
In questa locandina c'è veramente tutto quello che ho amato del Nosferatu di Eggers, ovvero non tanto le superbe location, l'atmosfera o l'aura malefica che serpeggia dal primo all'ultimo minuto, ma queste due figure, Nosferatu ed Ellen, così a loro modo simboliche, complesse, due figure che raccontano stati d'animo, meccanismi psicologici, sentimenti, destini.
Anzi, fino a ieri a malapena conoscevo le differenze, sempre che ve ne fossero, tra la figura di Dracula e quella di Nosferatu.
Quindi questa è semplicemente la recensione di una persona che ha visto un film e ne parla a chi ha voglia di sapere cosa ne pensa.
Una recensione (o una persona) non competente sull'argomento e quindi probabilmente nemmeno interessante.
La locandina qua sopra.
Una ragazza quasi in estasi o ipnosi pronta ad accogliere qualcuno, o qualcosa.
E quel qualcosa, quell'ombra, pronto ad entrare, desideroso di lei.
In questa locandina c'è veramente tutto quello che ho amato del Nosferatu di Eggers, ovvero non tanto le superbe location, l'atmosfera o l'aura malefica che serpeggia dal primo all'ultimo minuto, ma queste due figure, Nosferatu ed Ellen, così a loro modo simboliche, complesse, due figure che raccontano stati d'animo, meccanismi psicologici, sentimenti, destini.
Ellen è una giovane e bella ragazza appena sposata.
E' follemente innamorata del suo Thomas (di quell'amore romantico, letterario e incondizionato tipico dell'800) ma c'è qualcosa dentro di lei che non funziona.
E' un mal di vivere - una coltre nerissima - che l'avvolge.
Sono anni e anni che ne soffre, specie in sogno.
E' follemente innamorata del suo Thomas (di quell'amore romantico, letterario e incondizionato tipico dell'800) ma c'è qualcosa dentro di lei che non funziona.
E' un mal di vivere - una coltre nerissima - che l'avvolge.
Sono anni e anni che ne soffre, specie in sogno.
Quella coltre è la depressione ed Ellen lotta con lei in maniera commovente, raccontandosi che l'amore per il suo Thomas la fa(rà) star bene, che tutto passerà.
In realtà quella depressione potrebbe aver matrici "esterne".
C'è un mostro, un essere millenario che vive in Boemia, che si nutre di sangue umano e che ha un'idea fissa in testa, ovvero possedere questa ragazza che in realtà non ha mai visto ma alla quale si sente indissolubilmente legato.
In realtà quella depressione potrebbe aver matrici "esterne".
C'è un mostro, un essere millenario che vive in Boemia, che si nutre di sangue umano e che ha un'idea fissa in testa, ovvero possedere questa ragazza che in realtà non ha mai visto ma alla quale si sente indissolubilmente legato.
Questa ragazza, inutile dirlo, è Ellen.
La potenza di Nosferatu, ovviamente per me, è qua più che in qualsiasi altro aspetto.
Ovvero in questa dolorosa e straordinaria metafora.
Ellen che è depressa, quindi "votata" all'oscurità (la depressione la si può raccontare in mille modi e in mille libri ma niente sarà mai più indicativo del semplice accostarla al nero assoluto) e quindi, in qualche modo, tende ad "abbracciarla" quell'oscurità.
E quell'oscurità è impersonata in un mostro realmente esistente, un mostro che del buio è addirittura il Principe.
Potremmo accostare Nosferatu sotto questo aspetto a due capolavori degli anni 2000, Babadook e Melancholia.
Se ci pensate, in qualche modo, Nosferatu è il Babadook della protagonista, quel mostro che, in realtà, non è altro che reificazione del proprio stato d'animo, dei propri demoni, del proprio mal di vivere.
Nel capolavoro della Kent la protagonista imparava a riconoscerlo, a non farsi uccidere da lui e ad imparare a conviverci.
Qua no, qua c'è un unico e grande destino, ovvero quello che per uccidere quel demone bisogna morire.
La potenza di Nosferatu, ovviamente per me, è qua più che in qualsiasi altro aspetto.
Ovvero in questa dolorosa e straordinaria metafora.
Ellen che è depressa, quindi "votata" all'oscurità (la depressione la si può raccontare in mille modi e in mille libri ma niente sarà mai più indicativo del semplice accostarla al nero assoluto) e quindi, in qualche modo, tende ad "abbracciarla" quell'oscurità.
E quell'oscurità è impersonata in un mostro realmente esistente, un mostro che del buio è addirittura il Principe.
Potremmo accostare Nosferatu sotto questo aspetto a due capolavori degli anni 2000, Babadook e Melancholia.
Se ci pensate, in qualche modo, Nosferatu è il Babadook della protagonista, quel mostro che, in realtà, non è altro che reificazione del proprio stato d'animo, dei propri demoni, del proprio mal di vivere.
Nel capolavoro della Kent la protagonista imparava a riconoscerlo, a non farsi uccidere da lui e ad imparare a conviverci.
Qua no, qua c'è un unico e grande destino, ovvero quello che per uccidere quel demone bisogna morire.
E per tutto il film - specie nei sogni, in un film che per buon 1/3 è fatto di quel materiale, quello del sogno - Ellen sembra protesa verso quel buio, sembra bramarlo, sembra non aspettare altro che raggiungerlo.
Da qui l'accostamento a Melancholia, altro grandissimo film sulla depressione.
Anche qui potremmo paragonare Nosferatu (inteso come mostro) a quel pianeta che sta per schiantarsi sulla Terra.
Come nel gigantesco film di Trier anche qua un'intera calamità distruttrice (non è un caso che Nosferatu porti pure la Peste Nera) arriva da noi "semplicemente" attratta dal mal di vivere di una sola persona, di una sola ragazza.
C'è una differenza abissale però, l'incontro tra Justine e la sua depressione (il pianeta) significherà la fine dell'umanità, quello tra Ellen e la sua (Nosferatu) rappresenterà l'esatto contrario, la salvezza di tutti noi, in una specie di martirio.
tra l'altro interessantissimo notare come entrambe le ragazze, in una condizione esistenziale quasi identica, abbiano anche il potere di "sapere" le cose, con Ellen che conosce tutte le vicende che le accadranno o Justine, tra le altre cose, con la famosa scena del numero di fagioli nel vasetto. Questo loro mal di vivere, così sovrumano e definitivo, sembra avere dato loro la possibilità di vedere e sapere cose impossibili per noi
Ora, in questa mia lettura, e la cosa vale sia per Melancholia che per Nosferatu, è interessante notare come possiamo leggere queste due traiettorie destinate a scontrarsi (abbracciarsi) in due modi esattamente opposti.
Justine ha attirato Melancholia portandola da noi o Melancholia (che comunque sarebbe arrivata sulla Terra) ha attratto lei?
Ellen ha attirato Nosferatu o la sua depressione è un maleficio di quest'ultimo?
E così torniamo alla locandina.
Perchè se abbiamo analizzato la parte destra dell'immagine, quella di una ragazza pronta ad accogliere definitivamente l'Oscurità, adesso volgiamo lo sguardo a sinistra.
E a sinistra abbiamo un Mostro sanguinario, non umano, millenario, immortale.
Anzi, non immortale, perchè (a differenza ad esempio di Dracula) può morire in un solo modo, ritrovandosi sveglio all'alba.
E può arrivare sveglio all'alba solo se "perso" nel rapporto amoroso e sanguinario con la sua amata.
Come se quel desiderio incredibile di possederla (unico vero scopo della sua vita) sia così forte da fargli dimenticare la sua natura, obnubilarlo.
O, in una lettura ancora più "incredibile", essere pienamente cosciente della cosa ma accettarla, preferire morire e vivere quel desiderio rispetto al non morire mai senza averlo vissuto.
Nella superba e quasi "commovente" scena di quel sesso tra i due, in quell'alba che arriva e rende quel corpo prima immortale ora un freddo scheletro, questo è il dubbio che mi ha assalito, Nosferatu "sapeva" ?
Era cosciente che sarebbe morto per questo?
Vedete, le due diverse letture, seppur simili, hanno una profonda differenza.
Da una parte abbiamo la metafora che ci sono desideri talmente forti da farci perdere la ragione, dall'altra, invece, la "lucidità" che per vivere quei momenti valga la pena anche morire.
Ecco, se fosse vera questa ipotesi avremmo il paradosso per cui la figura di questo mostro ripugnante è, se possibile, la più romantica del film, quella disposta, "per amore", a perdere più di tutte le altre.
Ecco così che la lettura di quella locandina possiamo considerarla terminata, una ragazza pronta ad abbracciare l'oscurità e un'oscurità pronta a morire per abbracciare lei.
Magnifico.
Che poi, in quello che considero il dialogo più bello ed emozionante del film, è lo stesso Nosferatu ad indicarci questa possibilità per cui tutto parta da Ellen (nel nostro parallelo è come se quindi il pianeta Melancholia sia stato attratto da Justine).
"L'Amore è inferiore a te, tu non fai parte dell'umano genere. Tu sei il mio tormento"
Dice il mostro a lei.
Mettendosi in una sorprendente posizione di "inferiorità", lui succube di lei, lei la figura sovrumana più potente.
Come lei del resto dirà "Lui ha la mia malinconia", altra frase superba che possiamo leggere in più modi, specie grazie a quell' "ha" che sostituisce "è".
E, in questo film così pieno di doppie letture, come leggere quel finale, come un sacrificio d'amore per salvare tutti (con lei martire) o come la semplice e rovinosa deriva (la morte) di una depressione impossibile da superare?
Ellen ha voluto salvare tutti o, semplicemente, è andata incontro definitivamente a quel nero assoluto perchè incapace di guarire?
Perchè poi questo è un film in cui quasi tutti i personaggi muoiono per amore, Friedrich e tutta la sua famiglia, Knock (in questo caso amore visto come idolatria), Ellen (se intendiamo il suo come sacrificio) e lo stesso Nosferatu, anzi, forse lui nel modo più romantico di tutti.
E, ripensateci, il primo sogno raccontato da Ellen è proprio quello di un matrimonio, ma con la Morte al posto di Thomas (amore e morte quindi convivono dal minuto 1).
Oh, cavolo, ma c'era anche un film di cui parlare!
Faccio ancora in tempo?
Prima inquadratura e già becchiamo l'Eggers di The Witch (primo piano quasi identico ad uno iconico della Taylor-Joy nel capolavoro precedente).
In realtà ci saranno tanti altri primissimi piani (proprio solo volto) specie alcuni "velocissimi" (pochi frame) inseriti in montaggio, altra cosa che avevamo visto, per esempio, con la Sirena di The Lighthouse.
The Witch, in realtà, lo intravedi altre volte, come ad esempio nella figura dei due bambini piccolissimi e petulanti (praticamente identici) o in un paio di scene di possessione, anche queste quasi copia carbone di quella che fu tra la 3 sequenze più belle nell'esordio di Eggers, la possessione del fratellino.
Tra l'altro in entrambe le scene i posseduti dicono cose tipo "Sto arrivando!" (inteso come congiungimento con qualcosa di ultraterreno) e hanno "umori" sessuali nel farlo.
Mi sono appuntato anche la scena con la firma di Hutter nel contratto di Orlok, anche questa, se ci pensate, simile al finale di The Witch, con lei che firma la cessione della propria anima al Diavolo.
Mi rendo conto di essere arrivato lungo parlando solo di tematiche e confronti con vecchie opere di Eggers ma, lo sapete, quando comincio a scrivere parto per tangenti tutte mie dimenticando il film.
E quando succede questo (quasi sempre) cosa faccio poi per "stringere" ?
Un veloce elenco di tutti gli altri aspetti.
Quindi, eccolo.
Tra l'altro in entrambe le scene i posseduti dicono cose tipo "Sto arrivando!" (inteso come congiungimento con qualcosa di ultraterreno) e hanno "umori" sessuali nel farlo.
Mi sono appuntato anche la scena con la firma di Hutter nel contratto di Orlok, anche questa, se ci pensate, simile al finale di The Witch, con lei che firma la cessione della propria anima al Diavolo.
Mi rendo conto di essere arrivato lungo parlando solo di tematiche e confronti con vecchie opere di Eggers ma, lo sapete, quando comincio a scrivere parto per tangenti tutte mie dimenticando il film.
E quando succede questo (quasi sempre) cosa faccio poi per "stringere" ?
Un veloce elenco di tutti gli altri aspetti.
Quindi, eccolo.
Film dalla fotografia superba, as usual.
Se devo scegliere la luce di una scena mi prendo quella del salone al castello di Orlok, con quel caminetto acceso.
E tutti quei minuti giocati solo sull'oscurità e sull'intravedere le fattezze del conte l'ho trovati stupendi.
Comunque prima cosa che ho fatto appena tornato a casa è controllare quando hanno inventato l'Aerosol o i nebulizzatori perchè, davvero, il "raspo" (così chiamiamo qui in Umbria quella raucedine o respiro) di Orlok era allucinante, mi faceva pena
A livello di scrittura avrei dedicato 2 minutini in più al viaggio di Hutter, ecco.
Questo parte solo con un cavallo per un viaggio lungo un mese e niente, parte e arriva.
Sempre magnifiche le locande nei posti remoti, con la gente sospettosa, minacciosa e inquietante quando vedono una persona diversa da loro (la mia preferita è su "Un lupo mannaro americano a Londra").
Molto interessante che da questo momento in poi anche Hutter inizia a soffrire di tremendi sogni (anche se alcune volte probabilmente reali), al pari di quelli di sua moglie.
Come se l'influenza di Nosferatu, anche se con implicazioni completamente diverse, ora colpisca anche lui.
Questo parte solo con un cavallo per un viaggio lungo un mese e niente, parte e arriva.
Sempre magnifiche le locande nei posti remoti, con la gente sospettosa, minacciosa e inquietante quando vedono una persona diversa da loro (la mia preferita è su "Un lupo mannaro americano a Londra").
Molto interessante che da questo momento in poi anche Hutter inizia a soffrire di tremendi sogni (anche se alcune volte probabilmente reali), al pari di quelli di sua moglie.
Come se l'influenza di Nosferatu, anche se con implicazioni completamente diverse, ora colpisca anche lui.
Quando ho visto i lupi vabbeh, in testa subito "Castello ululì Lupo ululà", il più geniale adattamento italiano di sempre.
In generale tutti i minuti di Hutter nel Castello di Orlok sono un piacere per gli occhi e hanno un'atmosfera magnifica e malefica straordinaria.
Ecco, ad andare ad analizzare le azioni un pò arriccio il naso con Orlok che beve litri e litri del sangue del giovane (lo sentiamo proprio deglutire come se stesse bevendo alla canna una bottiglia), con lui che non muore (so che è un horror senza leggi fisiche ma secondo me potevano farlo meno esagerato quel dissanguamento), con quello strano poi lasciarlo in vita in una stanza e lui che se ne esce da una finestra.
Boh, boh, boh ma l'atmosfera magnifica vince quindi tolgo due boh su tre.
Tra l'altro, in questa fase, avremo anche un superbo montaggio parallelo con lei, in Germania, sonnambula e Orlok, in Boemia, che la invita a sognarlo.
Ma sul legame tra i due direi che ho scritto abbastanza...
Ma sul legame tra i due direi che ho scritto abbastanza...
La nave, Orlok nella stiva, i topi, la Peste, tutte altre grandi sequenze.
Tra l'altro so che l'idea non è di Eggers (credo pochissime lo siano nel film) ma questo arrivo di Nosferatu che, sotto forma di topi, porta anche la Peste in città la trovo sempre suggestiva, come per me sono sempre suggestive le cose "reali" rese metafora da qualcos'altro.
Knock (che a dispetto del nome mi pare non bussi mai ad una porta) è un personaggio molto riuscito anche se solo a metà film ho capito che era il datore di lavoro di Hutter (che volete farci, non avendo visto altri Nosferatu per me era tutto nuovo).
Poi, a metà film, arriva il personaggio di Dafoe, il Van Helsing rivisitato da Murnau.
E' un personaggio che funziona, forse talmente eccentrico a volte da smussare (ma solo di pochissimo) la drammaticità del film.
Ma questo studioso che si muove tra scienza, parascienza (alchimia etc..), superstizioni e miti senza scartare a priori nessuno di questi approcci è un personaggio "necessario", anche solo per fare da trait d'union tra la lettura medica della malattia di Ellen (la depressione) o il suo essere vittima di un maleficio, pedina di una forza oscura più grande di noi.
E poi il più terribile degli attacchi epilettici di lei (occhi bianchi, lingua di fuori) in un ultimo disperato tentativo (ma ormai Orlok è lì, la forza attrattiva verso di lui troppo forte) di essere ancora "tra noi" e poter amare il suo Thomas appena ritornato, o l'attacco di gelosia del ragazzo che, attraverso il sesso, cerca di essere "più forte" di Orlok, o gli omicidi di quest'ultimo della famiglia di Friedrich (Eggers poteva andarci molto più pesante ma tutto il film, anche nelle scene più violente, preferisce più suggerirle che mostrarle, forse in omaggio alle atmosfere dei film dell'epoca) e il successivo suicidio (anche qui solo accennato) dello stesso Friedrich, in una scena sulla tomba dell'amata che urla Edgar Allan Poe in ogni secondo.
E poi quello che per me è un finale magnifico, emozionante, perfetto del quale ho parlato per mezza recensione.
E solo adesso, alla luce del sole, vediamo bene le fattezze di Orlok (uno Skaargard comunque irriconoscibile).
Probabilmente perchè solo adesso è diventato uno di noi.
Uno che può morire.
Uno che, forse, ha addirittura scelto di farlo.
8
ti leggo dopo .... che vado a vedere "Maria"
RispondiEliminaUn ultra vecchio pedofilo con la sindrome da Darth Vader, si porta a spasso topi e peste, ma alla fine "tira sempre più un pelo di F... che un carro di buoi".
Ok, ho scherzato perchè Eggers non scherza affatto e ci avvolge nel buio delle tenebre, tra le ombre di Nosferatu e le convulsioni alla "Esorcista". Il comparto tecnico è eccellente, visivamente merita la lode, ne ho goduto al punto da tenere spesso l'espressione gongolante ....
così come sono ottime le atmosfere, ben accompagnate dalla colonna sonora mai troppo invasiva, ma decisamente efficace.
La storia? è quello che è, forse serviva Nolan per rinnovarla, ma non era richiesto.
Cosa, forse, ha fatto difetto? la tensione, a tratti veniva meno e virava alla parodia. Così tra un brivido e qualche ansia, talvolta mi capitava di sorridere. Non era un tentativo di sdrammatizzare, era proprio la visione che nell'eccesso andava oltre e rendeva la scena quasi "caricaturale".
Così come, ma qui il difetto potrebbe essere solo nel doppiaggio, qualcosa ha stonato nella recitazione, anch' essa talvolta sopra le righe o con impostazione teatrale.
Il film rimane qualcosa che va visto, goduto e apprezzato (anche quando fa provare disgusto) al Cinema. Quei chiaro/scuri molto scuri, quelle ombre nel buio, quelle suggestioni magistralmente fotografate, in casa senza un schermo e un audio di altissimo livello, rischiano di stemperare l'effetto voluto.
Per ora film dell'anno (e non per forza è una battuta stupida), la sedia (trono) è stata assegnata, poi abbiamo almeno un 150 futuri candidati da visionare e, a fine anno, si tireranno le somme.
Io ho letto veramente pochissimo questi giorni sul film ma ho "captato" che per molti c'è stato questo effetto parodico (dovuto o al doppiaggio di Orlok o al personaggio di Dafoe).
EliminaIo non ho mai avvertito questa cosa, sebbene sì, l'eccentricità di Dafoe sicuramente porta ad alcune scene più distensive.
In tensione probabilmente non lo sono stato mai ma avvolto dall'atmosfera del film sì, quasi sempre
sì sì, è un grande film da sala, indubbiamente
ahah, dici che non è una battuta ma fa ridere lo stesso :)
il doppiaggio, in generale, non mi ha garbato
Eliminaanche e soprattutto quello di Aaron Taylor-Johnson
RispondiEliminaHo letto tante recensioni negative su questo lavoro di Eggers e francamente mi chiedo il perché di tanto accanimento su un film che ho trovato bello, a tratti bellissimo. Leggendo questa di recensione, mi son detto “finalmente uno che la pensa come me”, la cosa più assurda è che anche io ho collegato il film a the witch e Babadook ed ho pensato esattamente le stesse cose. Non starò a parlare della fotografia, del montaggio e della ricostruzione maniacale di un’altra epoca, tutte cose che mi hanno lasciato senza fiato. Parlerò invece del coraggio di un regista che rilegge in modo nuovo il mito del vampiro e si confronta con due registi immensi come Murnau ed Herzog (e io invece ho visto i loro nosferatu innumerevoli volte) senza uscirne con le ossa rotte. Il suo vampiro non è un affascinante aristocratico, ma una carcassa putrefatta ed ansimante, ammantato di pellicce, ripugnante. Eppure seduce, come se rappresentasse le nostre pulsioni più inconfessabili.
Mi viene in mente the witch, li si scontravano due religioni, una urlata, esibita ed ostentata, mentre l’altra, quella dei boschi, oscura sussurrata che pure si insinua nella famiglia puritana fino a trionfare nella scena bellissima e blasfema della morte di Caleb. Qui é la ragione rappresentata da Friedrich che viene sconfitta, non riesce ad accettare quello che accade e viene travolto. Ellen alla fine trionfa ma per farlo (esattamente come accade in babadook ) devi guardare l’abisso che c’è dentro di te, abbracciarlo, nutrirlo. E alla fine il mostro non appare più così spaventoso
Grazie perché mi hai fatto sentire meno solo.
Che cavolo, anche te non metti nome, uff
EliminaMa sai, credo che in questi 10 anni mi sono accorto che Babadook, dico per me, è il film che uso più spesso come termine di confronto con altre pellicole che parlando di stati d'animo reificati. Cioè, per me dire "è il suo Babadook" sta diventando la normalità, come se quel film avesse cambiato proprio il mio linguaggio.
Ecco, tu mi dici che Eggers in qualche modo ha rinnovato, io non posso saperlo.
Però avevo letto che tutti i Nosferatu (a differenza dei Dracula) sono esseri mostruosi, quindi ora mi metti in confusione :)
"Mi viene in mente the witch, li si scontravano due religioni, una urlata, esibita ed ostentata, mentre l’altra, quella dei boschi, oscura sussurrata che pure si insinua nella famiglia puritana fino a trionfare nella scena bellissima e blasfema della morte di Caleb. Qui é la ragione rappresentata da Friedrich che viene sconfitta, non riesce ad accettare quello che accade e viene travolto. Ellen alla fine trionfa ma per farlo (esattamente come accade in babadook ) devi guardare l’abisso che c’è dentro di te, abbracciarlo, nutrirlo. E alla fine il mostro non appare più così spaventoso"
tutto perfetto direi!
ahah, prego, ma son convinto che siamo in tanti :)
Ciao giusto per dissipare la confusione: Nosferatu e Dracula sono esattamente lo stesso personaggio. Nel film del 22 il vampiro si chiamava Orlok, i nomi dei personaggi tutti stravolti e la seconda parte ambientata in Germania e non a Londra. giusto per non pagare i diritti del romanzo. Questo è costato a Murnau una causa giudiziaria con relativa condanna che aveva imposto la distruzione di tutte le copie del film. Nel film di Herzog il vampiro si chiama Dracula , Tutta la ambientazione, i nomi ritornano quelli originari. Il film è quasi identico al “nostro “ Nosferatu ma i personaggi che pure fanno le stesse identiche cose sono visti sotto una luce totalmente nuova. La Mina di Herzog è una creatura pura, luminosa, affronta il vampiro e gli dice che “niente neppure l’impensabile mi farà recedere dall’amore per mio marito”che al contrario cederà al vampiro ripudiando l’amore di lei e diventando a sua volta vampiro. In quest’ultimo film se ci pensi i ruoli si invertono. Lui resta puro e innamorato, lei un personaggio più torbido, combattuto e fosse per questo molto più bello.
EliminaCiao!
EliminaSì sì, sapevo tutta la prima parte del tuo commento.
O meglio, non la sapevo ma l'ho letta la notte stessa che sono tornato dal cinema ;)
Mentre non sapevo che con Herzog si fosse tornati ai nomi e ambientazioni originari, assolutamente no.
Interessantissimo il confronto tra le due "Mina", grazie!
Visto ieri. Per quanto mi riguarda erano anni che non vedevo in una pellicola una meticolosità così intensa. Sono assolutamente d’accordo con te Giuseppe Armellini, rischio andando un pochino più a fondo dicendo che più in generale è una riflessione non tanto sulla malattia dell’amore ma sulla malattia intesa come depressione o implacabile attrazione verso la morte come liberazione.
RispondiEliminaL’ombra persistente e poi serpeggiante e di nuovo avvolgente il cui seme nasce in un misterioso evento del passato che porta “vergogna”.
I continui rimandi alla responsabilità personale per guarire e l’impossibilità senza l’amore altrui.
La malattia che porta “morte” tra chi circonda il malato.
La dichiarazione d’amore e rifiuto verso Orlok “tu non sei in grado di amare e godi del mio rifiuto per portare morte”.
Lui dice ad un certo punto una frase incredibile che non riporto perché sarebbe imprecisa ma che racconta con una pennellata il tema del narcisismo. Desiderio di possedere la vita altrui e impossibilità di “amare”, anelare alla vitalità senza poterne indossare i panni. Orlok è malattia ma anche abbandono delle responsabilità, sesso, amore e morte.
Mi è piaciuto che le sfumature fossero multiple e quindi la mia lettura è solo una delle possibili. Un film pregno di allegorie (i tarocchi ma anche Freud, la psicologia insieme a Poe, Lovecraft specialmente per i temi del terrore intimo) citazioni cinematografiche delicate accompagnate da una difesa insistente verso la tenera, profonda umanità dei protagonisti e delle loro paure che sono le paure primordiali degli esseri umani.
La nota di colore composta di Defoe non è piaciuta a tutti, ma credo invece che sia stata perfettamente aderente e che abbia alleggerito la tensione facendo gustare ancora di più il seguito inaugurando la sezione “psicologica” del film.
La protagonista si rivela nella sua fragilità la forza (ancora tarocchi) che può donarsi al male. Darsi letteralmente in pasto per liberare se stessa e gli altri.
Eros e Thanatos.
Si è capito che mi è piaciuto?
Ciao Giuseppe :)
Grazie Luisa di aver riportato il commento anche qua :)
EliminaDifficile risponderti, il tuo commento è così completo, complesso e competente in materia che va solo letto, assorbito, capito e riflettuto.
Mi hai sicuramente fatto rileggere alcune dinamiche psicologiche che anche io avevo notato nel film, ma paradossalmente alcune che te mi fai scoprire come "negative" io l'avevo viste in maniera non dico positiva, ma romantica.
E' che probabilmente - ricordo le nostre chiacchierate tanti anni fa - entrambi conosciamo alcuni argomenti ma io in maniera solo empirica (la mia sola esperienza che crea il mio pensiero che crea poi tante cose che scrivo qua), te oltre ad empirica anche fonte di studio.
Quindi per me è arricchente leggere cose che io capto solo con la mia sensibiltà in maniera più professionale.
Insomma, un pò quello che accade con gli psicologi, capire che dietro alcune dinamiche che tu leggi in un modo ci possono essere matrici diverse.
Perfettamente d'accordo sulla figura di Dafoe, ho scritto cose similissime.
Sui tarocchi non so niente anche se non sei la prima ragazza che conosco ad esserne appassionata (lo è almeno una molto importante per me).
Eh, il finale è Eros e Thanatos a livelli come raramente ho visto prima.
Boh, a me è sembrato un finale grandioso oltre che fonte di mille analisi, specie a ritroso.
sì, si era capito
ciao!
Incredibile, anche quando parti per la tangente riesci sempre a trasmettere qualcosa. Come hai concluso l'articolo è da brividi e mi ha dato una bellissima interpretazione.
RispondiEliminaPer il resto, nulla da aggiungere. Un film magnifico, cinefilo nell'accezione migliore del termine, e con delle sequenze che mi rimarranno impresse a lungo.
Grazie Giacomo...
EliminaChe poi le ultime due righe le ho scritte lì per lì, 30 secondi prima manco c'avevo mai pensato a sta cosa, le cose migliori mi vengono sempre se non ragiono :)
eh, purtroppo tutta la sua parte cinefila me la sarò persa ma per fortuna rimane un gran film lo stesso :)
Cinefilo nel senso delle inquadrature, della composizione delle immagini e nei tempi che si prende, per non parlare della fotografia. Tutte cose che solo chi ama il cinema in una certa maniera può apprezzare, in una storia che invece può coinvolgere tutti.
EliminaAh, sì sì, capito.
EliminaPensavo intendessi che era pieno di riferimenti a vecchi film (che fosse nella storia o esteticamente)
per il resto, inteso come cura che c'è dentro e quindi cura vista come amore per il cinema, per il proprio mestiere, assolutamente cinefilo :)
Dico anche io la mia.
RispondiElimina(Premesso che dei suoi altri ho visto The Witch e The Northman, non ho visto invece The Lighthouse.)
Bel film, Eggers si conferma, sebbene tra i suoi film sia quello che mi è piaciuto di meno. Tecnicamente è eccelso, direi quasi perfetto, ma dietro questa perfezione fotografica è il film di Eggers che mi ha emozionato meno. Non sono riuscito ad empatizzare fino in fondo con i protagonisti. Forse anche perché in The Witch il male si percepisce molto di più e con maggior orrore, e in Northman la vicenda uamana di vendetta mi ha coinvolto di più. In Nosferatu è tutto un po' più manieristico.
Bellissima la tua lettura Giuseppe, io personalmente non l'ho interpretato come un film sulla depressione ma in modo più ampio sul male e l'oscurità che alberga nel cuore umano. Però ci stanno entrambe le letture.
Voto comunque 4 su 5
EliminaPer favore mettete un nome...
EliminaSì sì, la non empatia o le poche emozioni ci stanno, assolutamente. Anche la cornice ottocentescha, le location, i dialoghi, sono ovviamente tutte cose "lontane da noi" ed è facile che la cornice sovrasti i personaggi.
A me, credo di averlo scritto, il dialogo che ha emozionato di più è stato quello quando Orlok entra in casa di lei. Perchè mischia le carte, ti rende complessi i personaggi.
Alla fine la mia lettura non è niente di così illuminato, che lei soffra di depressione è detto più volte. Però, ecco, partendo da quel dato di fatto in effetti ho letto quasi tutto il resto in quel senso
the witch resta una spanna e mezzo sopra mentre son contento del tuo giudizio su The Northman, film che a me è piaciuto poco (come a tanti) e che quindi quando apprezzato ne sono solo felice
Non ho visto nè il Nosferatu di Murnau nè quello di Herzog, dici.
RispondiEliminae neanche io.
credo che il gioco dei confronti fra un film e i sui "precedenti" sia una trappola da evitare tutte le volte che sia possibile.
il film inquieta sempre di più col passare dei minuti, senza trucchetti.
qualcosa su cui non essere d'accordo si trova sempre, ma non è il film nostro, è di Robert Eggers, e alla fine il giudizio complessivo resta super positivo.
bello il confronto con quel film grandissimo che è Melancholia.
Da me ce lo si poteva aspettare ma mi sembra incredibile che te non abbia visto gli altri due, ahah
Eliminaqua la mano!
in realtà le vibes di Melancholia mi erano già arrivate durante il film, ma non tanto per il tema - depressione - ma per come questa veniva declinata in un qualcosa che si brama, che si vuole abbracciare, ad una Fine alla quale non si riesce a resistere, quasi affascinante
Eggers non delude mai. E si conferma l'autore contemporaneo, almeno tra quelli che conosco, che meglio sa raccontare e mettere in scena l'immaginario mitico e le figure archetipiche della nostra memoria antropologica. La strega, la sirena, il valhalla, e ora il vampiro. E non è mai banale, scontato o prevedibile. La sua sensibilità estetica è sempre ineccepibile, e contribuisce a foderare di significato la narrazione. Il suo capolavoro resta The Lighthouse, che considero una delle opere più significative del muovo millennio, ma anche questo suo Nosferatu mi ha conquistato. E tu hai colto quelli che per me sono i punti essenziali, quindi provo a riassumere quello che penso in poche righe.
RispondiEliminaNosferatu è la storia di una creatura umana (troppo umana, per dirla alla Nietzsche) che si specchia e osserva la sua oscurità. Come diceva Jung, del resto, incontrare sé stessi vuol dire prima di tutto incontrare la propria ombra. Perché la vera protagonista è lei, Ellen. Nosferatu la sua ombra, o meglio: Ellen è l'anima di Nosferatu. Non è il vampiro che porta lei nell'oltremondo, è lei che porta lui nel mondo. Lo rende umano, in qualche modo. E lui ha bisogno della sua anima, e soltanto quando la raggiunge e la ottiene (dopo l'amplesso), può morire di luce. E può morire perché finalmente è vivo. La sofferenza vera, allora, forse è proprio quella del vampiro, che intraprende un viaggio disperato per avere la sua anima; e le redini di tutto, in una certa misura, sono tenute proprio da Ellen (del resto, tutti i rapporti tra subalterni sono paradossali: è il "posseduto" che possiede il possessore - si pensi alla dialettica servitù-signoria, servo-padrone di Hegel in Fenomenologia dello spirito). Insomma, mi piace pensare che lei sia il cuore di lui, la sua anima, la sua traccia umana, l'alito di esistenza di cui ha bisogno per esorcizzare la sua eternità insensata. Orlok è thanatos, Ellen è eros: hanno senso solo se stanno insieme. E dato che ho ci sto prendendo gusto con la psicanalisi, aggiungo che Nosferatu potrebbe essere l'Es freudiano, in quanto manifestazione di un'istanza intrapsichica primitiva, primigenia, deputata alla gratificazione del piacere, a quella libido che in quel contesto sociostorico era parte del "rimosso". il Nosferatu di Eggers è il più umano di tutti i suoi predecessori. La sua oscurità è quella dei recessi del cuore dell'uomo, dove nascondiamo pulsioni ataviche, primordiali, brutalmente umane. Questa è l'ombra. Ma affinché possa esistere, ogni ombra ha bisogno di luce: Orlok ha bisogno di Ellen. E lei doma il mostro, e lui muore: perché è nato. Ma non voglio dilungarmi troppo, anche se effettivamente c'è tanto da dire. Thomas e Von Franz sono due personaggi carichi di significato. Sono l'amore, la devozione, il senso di inferiorità e di colpa, la saggezza, l'intuizione, il coraggio. Si può parlare a lungo dei costumi - sublimi e curatissimi in ogni dettaglio - e delle atmosfere - così belle, che da sole fanno racconto. E forse il senso di tutto è che veramente semplice, per quanto difficile da compiere: per arrivare a godere della luce dell'aurora, bisogna affondare nelle tenebre, accettare l'oscurità, immergersi nel buio.
Commento al solito incredibile e illuminante Rob.
EliminaE siccome per quasi tutto lo stesso hai parlato di luce e buio, beh, con questo commento hai portato la Luce nel Buio (in sala)
Soprattutto la tua prima parte, quella dell'anima di lui rappresentata da lei è stupenda
ripeto, io ogni volta mi cruccio di non rispondere o rimandare mesi i commenti nel blog più lunghi e belli (come sicuramente saranno quelli che sto per leggere ora, di riccardo e cristina) ma poi mi rendo sempre conto che, commentarli, alla fine manco ha senso, vanno solo letti e gustati
(Parte 1)
RispondiEliminaTorno a commentare a caldissimo, appena uscito dalla sala, per una volta non dopo tanti mesi dalla visione, senza rielaborare insomma con calma appunti e riflessioni, che comunque sono già tantissime, anche grazie alla tua recensione (come al solito magnifica - mi ci sono rivisto più volte, anche nei riferimenti citati) e a tutti gli splendidi commenti che la accompagnano.
Nosferatu è denso, ma umano.
Ci ricorda che siamo la nostra memoria, siamo tutte le creature mitologiche che abbiamo creato, solo apparentemente gli “esseri immaginari”, perché, come ci insegna l’antropologia, il limite percettivo dell’immaginario mitologico è relativo. Non serve vedere per credere, basta ascoltare una storia, basta ascoltare la propria storia.
Abbiamo chiamato il Diavolo nel primo istante in cui ci siamo sentiti soli, l’abbiamo invocato per sentire conforto davanti alla disperazione della nostra mortalità. Così tra streghe, sirene e chissà quali altri mostri (Monsters & co in questo è più che mai attuale nell'insegnarci cosa sia mostruoso), il vampiro non fa eccezione, nel suo appetito insaziabile e nella sua anarchia sessuale. Robert Eggers torna ai suoi amati archetipi, quel folclore capace ancora di raccontare il presente, di crescere insieme ad esso. Il mito cambia, si evolve con la voce di chi lo racconta, con gli occhi di chi lo immagina. Come è stato già stato detto da chi mi ha preceduto, il Nosferatu di Eggers è il più tremendamente umano, così materico e umorale. Una possessione nel significato più etimologico del termine, un possesso, una sottomissione, con un contratto che vede corpi e case, con gli stessi termini e finalità. Perché, come nel capolavoro omonimo di Lars von Trier citato anche da te, solo la melanconia può farci vedere con sollievo e rassicurazione il presagio della fine, di una morte felice.
“Vieni da me” invoca a più riprese Ellen con gli occhi sbarrati, il volto pallido e nebuloso, la mimica di Lily-Rose Depp che si scompagina nel terrore. In quella disperata richiesta di aiuto, alla ricerca di qualsiasi vaga forma di tenerezza, diamo le sembianze di affetto ad ogni artiglio e ferita sul corpo, anche quando il sangue esce a fiotti, perché prima non ci si sentiva nemmeno più esistere. Il male si annida dentro di noi, o forse da dentro l'abbiamo gettato al di fuori, perdendo quell'Uno come lo faceva Demi Moore in The Substance. L’abbiamo creato con la sabbia dei nostri incubi, l’abbiamo cresciuto con le lacrime che nessuno ci ha asciugato. Il Diavolo non è che un angelo caduto come ci è stato insegnato a catechismo. Gli abbiamo consegnato le chiavi della nostra carne umana (persino del nostro mondo) perché la sua è in decomposizione, prosciugata dai troppi cadaveri senza anima di cui si è cibato.
(Parte 2)
EliminaCosì ci sono ferite che nessun vero amore può curare, dietro l'apparente idillio coniugale il Male tornerà, come una peste contagiosa e incurabile, sbucherà fuori come il predatore dalla sua tana, non starà fermo come il coccodrillo ad aspettare, ma verrà direttamente a cercarci, strapperà le viscere, divorerà tutto il bene che abbiamo attorno, per tornare ad essere l’unico trauma. «Il padre della menzogna» lo chiamava Cristo nel Vangelo di Giovanni. È il Babadook di Jennifer Kent, l’uomo nero “necessario”, lo scarabocchio nervoso impossibile da estirpare, se non convivendoci, accettandolo.
La contemporaneità del nuovo Nosferatu risiede proprio in questo rapporto ambiguo e simbiotico dove il mortale incontra l’immortale: Ellen e il vampiro si parlano, lui la desidera, lei lo rifiuta, ma in maniera paradossale e reciproca il desiderio malato infuoca entrambi come una miccia esplosiva ormai irrimediabilmente accesa. “Ti disprezzo” gli dice Ellen mentre le sue labbra gli sfiorano le squame, in un gesto che nel disgusto misto ad attrazione ha tutta la contraddizione di una tossicità fatta passare per amore, di un odio che ha perso il suo opposto contradditorio eppure esistenziale (esattamente come in The Substance). Eggers racconta così di come anche i demoni possano avere un’ossessione (umanissima), e di come i nostri demoni invece ce l’abbiano sempre e soltanto per noi.
Ma di fronte al nostro maligno nessuna scienza, alchimia, neppure esorcismo potrà nulla. Come ne Il sacrificio del cervo sacro, è l’ordine delle cose, l’equilibrio intellegibile ma incontrovertibile, che è tale perché umano.
Come la ginestra solitaria di Leopardi che aspetta l'eruzione sulle pendici del Vesuvio.
Con l’unica colpa di essere stata troppo fragile in un mare di tenebra.
Prima che torni l’alba e l’ombra scompaia.
Ho toccato il buio.
Sarà vera luce.
Saremo finalmente liberi.
Un abbraccio eterno come in Rams.
Niente su, ripeto, inutile rispondere.
EliminaTi dico solo grazie Riccardo.
Ma è talmente bella questa sezione dei commenti che ora lo dico su fb, ahah
grazie ancora
Ho avvertito subito che c'era qualcosa di poco audace ma ci ho messo un po' a centrarla, perché era talmente evidente che non la vedevo, come la lettera rubata di Alan Poe. Non leggo mai lo stesso libro due volte, anche se molti lo meriterebbero, perché il tempo è poco e preferisco dedicarlo a ciò che ancora non conosco. C'è solo un libro che ho letto due volte e so che non resteranno le uniche. Non so bene perché, forse c'è una Mina dentro di me, forse c'è una Mina dentro ognuno di noi, ma ogni tanto Dracula mi chiama. Questo solo per dire che amando molto l'opera originale sono partita svantaggiata, perché poi non è facile farsi sorprendere e le pretese diventano davvero alte. Alcune soluzioni mi hanno davvero fatto storcere il naso, per esempio ho trovato parecchio forzato l'espediente del rinnovo del voto per aumentare la poeticizzazione del sacrificio e dell'immolazione salvifica, che appartiene già di suo alla variante Nosferatu. Disturbami, fammi paura, straziami, strappami l'anima ma non farmi la morale. Non è questa però la cosa che mi ha più irritato. C'è una scelta narratologica decisiva in questo "Nosferatu" che se fosse stata compiuta da un principiante sarebbe potuta tranquillamente passare per un errore e anche di quelli grossi. Ma qui non abbiamo a che fare con un principiante, abbiamo a che fare con Eggers, quindi quella scelta ha inevitabilmente una giustificazione importante. Perché l'energia di un simbolo si possa irradiare col massimo dell'efficacia, il simbolo non deve essere esplicitato ma lasciato agire, soprattutto quando questo si porta dietro anni di interpretazioni. Eppure qui il simbolo Nosferatu ci disarma, ci semplifica l'impegno dell'interpretazione, ci alleggerisce il lavoro. Non dobbiamo chiederci chi o cosa esso rappresenti perché è lui stesso a dircelo, "io sono apettito". Ma fai sul serio? No, no, no! Per quanto questo sia un termine d'ampio respiro ( anche se Nosferatu respira come un trattore in panne ) così facendo l'incantesimo della metafora si rompe. "Show, don't tell"! Lo sa chiunque si sia imbattuto in un prontuario di scrittura creativa, cioè tutti. Questo non è l'unico caso all'interno del film in cui il dialogo fa da segnaletica stradale per dire allo spettatore dove si trova ( che dire per esempio di Knock che spiega accuratamente perché è stato scelto come tramite? ) I tempi del "show, don't tell" sono in crisi, siamo ufficialmente nell'era degli spiegoni e dei dialoghi utilizzati come istruzioni per l'uso. Siamo finiti nel girone degli spettatori a cui pensa Netflix quando impone ai suoi sceneggiatori di far accompagnare le azioni da battute illustrative. Lo spettatore medio è uno spettatore distratto e affetto da analfabetismo funzionale. Lo sanno gli sceneggiatori di Netflix e lo sa bene Eggers, che temo abbia pagato il pegno dell'alto budget con un abbassamento del piano semantico. La regia è perfetta, la fotografia è impattante, i troppi chiarimenti e i dialoghi usati come note a piè di pagina sono avvilenti. Il compromesso tra arte e botteghino è pienamente riuscito ma mi chiedo cosa sarebbe potuto diventare questo film se avesse avuto più fiducia nel pubblico o se al pubblico non avrebbe proprio dovuto badarci.
RispondiEliminaVa be', è ora di cena, mi è venuta fame. Perché io ho apettito.
Grandissimo commento Crì, e c'era bisogno di un contraltare alle lodi sperticate del post e commenti ;)
EliminaChe poi, ma credo lo sai, io sono uno dei più grandi amanti della reticenza che esistano.
Eppure, che strano, mentre ti leggevo mi rendevo conto che io tutti sti spiegoni non li avevo notati e che, anzi, ho visto che tante persone (per me) non hanno "capito" sto film malgrado sti (eventuali) spiegoni
anzi, il dialogo tra lei e Nosferatu nel finale, dialogo che sì, spiega cose, l'ho trovato la parte più emozionante del film, per questo (incredibile) ribaltamento di prospettive che poi, a pensarci, ricorda anche una possibile manipolazione o gaslighting da parte di lui
grazie per avermi messo dei dubbi su cose dove non li avevo per niente ;)
Ho fatto un corso di pronto intervento contro le lodi sperticate pandemiche, non potevo stare a guardare. 😂 Ci sarebbe ancora così tanto da dire su questo film che quasi quasi ci ho fatto un po' pace, se non altro perché ha generato discussioni disparate e questo è un bene. Finché c'è dubbio c'è speranza.
EliminaGrazie a te per la pazienza di aver letto. 😊
ma basta co sti ringraziamenti perchè rispono o leggo ;)
Eliminama me chiedo, se voi aveste un blog (non ve lo auguro) non sareste contenti di chi commenta e non vi sentireste voi nel ruolo de dovè ringrazià ?
ma sì, visto quante riflessioni bellissime, qualcosa vuol dire
ah, riguardo il film che hai chiesto quel post è andato in tilt per "over commenti" (oltre i 200), quindi ti ricordo che per vedere la tua richiesta e, speriamo, la risposta di Fabio o altri dovrai cliccare "carica altro"
e compariranno tutti quelli dal 200 in poi