19.11.16

Recensione: "Kumiko - The treasure hunter"

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grandi spoiler dopo ultima immagine

Kumiko è una cercatrice di tesori e la vediamo in spiaggia mentre ne cerca uno.
Trovata una caverna, Kumiko vi entra dentro.
Sotto la sabbia, incredibilmente, il tesoro c'è davvero, ed è una VHS.
Kumiko torna a casa e la inserisce nel videoregistratore.
Il film è Fargo, dei Coen. 
Kumiko guarda il film e vede che uno dei protagonisti sotterra nella neve una valigetta piena di soldi, ce lo ricordiamo tutti.
E Fargo, se vi ricordate anche questo, comincia con un'avvertenza: "I fatti che vedrete sono realmente accaduti".
Kumiko ci crede, quella valigetta, quindi, deve essere là.
Del resto, la stessa videocassetta del film l'ha trovata in un tesoro, e se non porta ad un altro tesoro che tesoro è?
Kumiko parte, dal Giappone, per il Minnesota.


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Questo l'incipit di un film dal soggetto veramente straordinario. 
Un film che narra di una assurda e insensata ricerca.
In realtà la ricerca di cui parla il film non è quella della valigetta di Fargo.
E' qualcosa di molto più importante.
Ispirato ad una storia realmente accaduta, Kumiko è un  film che sotto la sua veste abbastanza stralunata e tenera nasconde un'insospettata durezza.
Del resto, lo vedremo poi, il personaggio che dà il titolo al film, Kumiko, solo apparentemente è una ragazza cui voler bene. In realtà la questione è molto più complessa.
Inutile dirlo, la miccia del film è meravigliosa.
Le scene in cui Kumiko guarda la disastrata vhs di Fargo (trovata sotto la sabbia, abbiate pazienza), in cui ferma le scene, in cui prende appunti, sono di un fascino e di una forza pazzesche.
Facile vedere in questo la metafora della potere del cinema, di quel suo, a volte, saperti dare emozioni e suggestioni più forti della vita reale.
In questo senso il dialogo col poliziotto buono che Kumiko troverà a Fargo, quel loro controbattersi sulla finzione o no, è davvero notevole.
"It's totally fake!" le urla ad un certo punto, e giustamente, il poliziotto.
Ma per persone come Kumiko il cinema può essere molto di più di una finzione. E, in questo senso, può essere anche l'unica cosa a cui poggiarsi, l'unico appiglio, l'unico modo per uscire dalla sua condizione.
Già, perchè, non l'avevamo ancora detto, Kumiko è una giovane ragazza totalmente depressa. Apatica, spenta, priva di slanci.
E, importante sottolinearlo, anche notevolmente arrabbiata con la vita.
Odia il datore di lavoro, non ha rapporto con le sue colleghe, ha una madre - sente al telefono- che non la capisce, non si interessa mai di come Kumiko stia realmente, limitandosi a parlarle del lavoro o della speranza che metta su famiglia.



Kumiko, non bisogna aver paura a dirlo, è una malata mentale.
Non lo sembra, sta relativamente bene, compie azioni plausibili, ma è persa completamente nel suo mondo.
Se vogliamo esser buoni diremmo che Kumiko rappresenta quella persona che crede nei sogni, anche quando questi in realtà non hanno senso di esistere.
Ecco, se volessimo esser buoni diremmo così.
Ma non è solo così.
Il film procede abbastanza lentamente. Credo che tutte le parti più belle siano quelle riguardo il rapporto tra Kumiko e Fargo, il film. Prima la vhs difettosa, poi la vhs che si rompe e che Kumiko, in una potentissima scena, getta nello scarico. Poi il dvd, più nitido nelle immagini. E lei che misura i passi e cerca di capire tutte le coordinate per poter ritrovare la valigetta.
Ripeto, magnifico.
Per il resto il film è un pò più debole e molto meno interessante.
In ogni caso Kumiko va negli Stati Uniti, in Minnesota.
La sua determinazione è pazzesca, tale che la porta anche a camminare a piedi in mezzo alla neve. Lei che va in giro con la coperta addosso non te lo dimentichi. E funzionano anche i personaggi collaterali, la vecchietta, il gestore del motel, il poliziotto, il tassista sordo.
Sì, però sembra che il film, dopo quell'incipit così notevole, vada sempre più calando.
Fino al finale, bellissimo.
Ma è qui che voglio fermarmi un attimo e fornire una mia interpretazione.
Perchè questo credo sia un film su quel tipo di solitudini, quelle depressioni che sarebbe troppo facile vedere solo con compassione e tenerezza.
Kumiko abbandona l'amica nel bar con il bambino piccolo.
Kumiko sputa nel thè del capo.
Kumiko butta i vestiti del capo.
Kumiko ruba la carta di credito del capo.
Kumiko scappa dalla vecchietta che amorevolmente le aveva dato un pasto e un tetto.
Kumiko prova a rubare un libro.
Kumiko scappa dal motel dove alloggiava.
Kumiko scappa dal tassista sordo.
Possiamo trovare tutte le attenuanti che vogliamo, possiamo innamorarci di questa ragazza, possiamo considerare tutte le contingenze (la mancanza di soldi e altro), tutto quello che volete.
Ma non possiamo commettere l'errore di far finta di non vedere.
Questo non è altro che un film su quella malattia mentale che distrugge te e il rapporto che hai con gli altri.
Kumiko probabilmente è una vittima, anzi, lo è di sicuro, ma di persone pronte a volerle bene ed aiutarla ne incontra. Ma non fa che scansarle.
Sembra aver perso ogni briciolo di umanità e di gratitudine verso il prossimo.
E così una volta visto il finale il quadro si fa completo.

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L'incipit era un sogno, come lo è il finale.
La nostra ragazza, in realtà, è morta sotto quel cumulo di neve. 
Questo non è un film che narra l'incredibile avverarsi di una cosa senza alcun senso, la ricerca di una valigetta nascosta in un film.
Questo è il film che parla di una ragazza che non ha più alcun legame con la vita terrena.
Quei tesori che cerca sono l'unica speranza possibile che le rimane, l'unico pensiero che ormai riesce a concepire.
Kumiko e il bosco innevato di notte, simbologia fortissima con la morte imminente.
E, alla fine, in una scena bellissima, quella valigetta era davvero là.
La ricerca di Kumiko è finalmente giunta al termine. Era cominciata in una spiaggia e in una caverna e finisce in una recinzione nella neve.
Una pazzia che ha un inizio ed una fine.
E quella fine è, finalmente, la felicità.
Ma una felicità fittizia, post mortem, la felicità di una ragazza che non ha vissuto.
Ma non diciamolo troppo forte e lasciamola lì.
Del resto, adesso, ha tutto.
Il sorriso, il suo tesoro e il coniglietto.

14 commenti:

  1. Ho letto solo fino alla prima foto.
    Ma no aspetta. Davvero è questa l'idea del film?! Straniante.

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    1. E' assolutamente così come ho scritto, anche io non ci credevo.
      Tra l'altro dice che sia tratto da una storia vera (altro corto circuito sul vero falso).
      Se ci pensi abbiamo una ragazza che crede che un film sia reale, assurda come cosa. Ma al tempo stesso questo film, la finzione, è tratto da un fatto reale.

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    2. No no, sono due cose molto diverse edo. Ma magari se ne riparla dopo che lo vedi....

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    3. Quella è la risposta ormai di fronte qualsiasi cosa un po' arzigogolata )

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    4. ahah, dici che è la risposta anche quando non c'entra un cazzo?

      hai ragione ;)

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  2. Bel film e bella recensione. Questo film parla di me ;)

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  3. ciao, maaa è stato tradotto in italiano?
    Grazie

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    1. il verbo "tradotto" nel cinema non significa niente, quindi devo chiederti se intendi doppiato in italiano oppure presente con sottotitoli italiani

      in ogni caso, se ricordo bene, lo vidi nel secondo modo, ovvero subbato

      mai doppiato in ita

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  4. Direi che è impossibile non commuoversi davanti a questo finale. La morte diventa per Kumiko un mondo dove è serena,dove sorride e dove i sogni diventano realtà. La vita terrena non era la sua,non gli apparteneva. Viveva con l'ossessione del sogno,dell'impossibile,e in un modo o in un altro le mancava qualcosa per completarsi. E ritrova Bunzo (questo elemento mi lascia il dubbio se sia morto anche lui,o se in questo nuovo mondo di Kumiko,possa abbracciare il suo coniglietto anche se lui in realtà è vivo..... chissà)..... Non un capolavoro,ma è un film che fa riflettere

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    1. bellissimo commento diego...

      sì, non un film perfetto ma uno di quelli che gli vuoi tanto bene

      come a Kumiko

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  5. Ho vissuto la storia di Kumiko con un senso di crescente tristezza. Non avevo idea di che genere di film fosse, il titolo e la prima scena, sulla spiaggia, mi avevano fatto pensare a qualcosa di diverso, di sognante e tenero. Ero pronto a innamorarmi di Kumiko, ma lei ha fatto di tutto per respingermi, così come ha fatto con tutti i personaggi che ha incontrato durante il suo viaggio. Ma le ho voluto un gran bene, e ancora gliene voglio. La profonda depressione e il senso di estraniamento dalla realtà di questa giovane ragazza le fanno compiere dei gesti - gli stessi che hai ben descritto - di assoluta distruzione dei rapporti sociali. Il momento più toccante, almeno per me, quello in cui lei si distacca definitivamente da tutto e tutti, è l'abbandono del coniglietto sul sedile della metropolitana. Davvero triste.
    Anche io ho pensato subito che Kumiko fosse morta in quella bufera di neve. Sepolta da una coltre bianca simbolo della sua patologica e asfissiante visione del reale. Davvero bello, comunque, quel finale sulla neve, onirico, con il sorriso che per la prima volta colora il suo viso. E il ritorno di Bunzo, l'unico compagno di vita, l'unico con cui abbia interagito sinceramente.
    Comunque, mi è piaciuta moltissima l'idea alla base del film. Io poi adoro Fargo. Entrare dentro un film per cercare un tesoro sepolto sotto la neve, che potrebbe essere metafora di un viaggio interiore nel tentativo di disseppellire il proprio cuore, sepolto da una depressione, una deriva mentale, che lo ha ghiacciato.

    :)

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    1. roberto, sarò ripetitivo ma ogni tuo commento arricchisce il blog, arricchisce me e arricchisce il film, grazie

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