6.11.20

Recensione "His House" - Su Netflix



Un horror inglese su Netflix bellissimo e coraggioso come pochi.
Si può prendere il dramma dei clandestini africani, dei naufragi dei barconi, e farci un film del terrore?
Evidentemente sì se ha una certa sensibilità ed onestà. 
La storia di Bol e Rial, due rifugiati sudanesi mandati a vivere in uno squallido quartiere di cemento inglese.
Nel naufragio che li ha portati sin dà persero la loro bimba.
E adesso, in quella nuova casa che non è ancora (e forse non sarà mai) la loro nuova casa, demoni del passato, sensi di colpa e mostri di chi non ce l'ha fatta iniziano ad uscire dalle pareti.
Forse i due hanno solo la colpa di essere sopravvissuti?

PRESENTI SPOILER DOPO ULTIMA IMMAGINE

Ogni tanto quando si dice "Meno male che non è americano" si usa un luogo comune anche troppo duro verso un cinema, quello statunitense appunto, che più di tutti gli altri ha scritto la storia di quest'arte.
Ricordo che questa frase l'avevo usata recentissimamente per Relic ma, scusate, devo riutilizzarla di nuovo.
Perchè il soggetto, coraggiosissimo, di questo nuovo horror Netflix nelle mani del 90% dei registi americani avrebbe portato o ad una retorica incredibile o ad una mancanza di coraggio che, invece, il cinema britannico (His House è inglese) ha sempre avuto.
Anzi, possiamo dire che il cinema britannico è quello di denuncia e d'impegno per definizione.
Se poi aggiungiamo che il regista del film è di colore allora abbiamo fato bingo, sappiamo che sia personalmente che come produzione il film è finito nelle mani giuste.
Ora, pensare di fare un horror su rifugiati africani in fuga da guerre e miserie, un horror sui barconi dei clandestini, un horror su una tematica così delicata io credo sia da pazzi.
Come si fa a strumentalizzare storie tanto dolorose in un film di paura?
Ma dov'è il rispetto?
C'era solo un modo per farlo, il modo in cui l'ha fatto His House, ovvero attraverso una sceneggiatura molto complessa, scomoda, una sceneggiatura che ha il coraggio di dare anche la colpa agli ultimi, non fare passare i clandestini come vittime sacrificali ma, anzi, intraprendere un discorso umano e culturale incredibile che scuoterà lo spettatore.


Bol e Rial sono due rifugiati fuggiti dal Sudan e, dopo il naufragio del loro barcone, ritrovatisi in Inghilterra.
Nel naufragio hanno perso la loro piccola bimba.
Sono tenuti in una specie di "carcere" ma un giorno vengono rilasciati e viene offerto loro un periodo di prova in un alloggio. Hanno l'obbligo di andare a mettere firme, non possono lavorare, non possono invitare persone e altre regole del genere. Insomma, una specie di arresti domiciliari con la speranza che poi la loro posizione venga regolarizzata.
Il quartiere dove vengono portati è terribile, un mostro di cemento e sporcizia.
La casa è grande ma sporchissima, cade a pezzi, porte cadute e luce che non funziona.
Ma, specialmente Bol, vuole che questa diventi la sua nuova casa (attenzione, il concetto di "casa" è basilare). Lui cerca di adattarsi al popolo inglese mentre sua moglie Rial non ce la fa, la sua "africanità" è troppo forte e radicata.
Ma, piano piano, dalle pareti della casa iniziano a venire strani rumori...

Allora, ci tengo subito a parlare di aspetti che per me, lo sapete, sono un pochino marginali rispetto al significato.
E dico già da ora che la lettura politica del film, senz'altro importantissima, la lascio come al solito a chi ha più competenze si me.
Prima di tutto c'è da dire che ho trovato un film con dei colori meravigliosi, quasi tutto sul pastello. Ci sono delle inquadrature che sembrano dei quadri. Ad esempio quella scena giocata tutta sul marrone (i vestiti di lui, il muro dietro) mi ha incantato.
Ma i colori assumono anche significati, ad esempio col contrasto tra il cemento del quartiere inglese e le tinte della piazza africana nel sogno di Rial, oppure con i vestiti degli stessi protagonisti (bellissima la scena di lui che compra esattamente i due capi che vede nel muro del negozio) oppure quelli presenti nella carta da parati, vera protagonista del film.
Ma, forse, ancora più dei colori, è importante il contrasto tra la luce e il buio, tra la vita e i demoni che perseguitano la coppia.
A volte questo contrasto è reso perfettamente anche senza l'uso della luce elettrica, vedi ad esempio la prima scena di tensione, quella stanza illuminata con quell'angolo buio all'ombra.
Certo questo è un trucco usato sempre nell'horror ma in His House ogni espediente orrorifico riesce ad acquisire quel qualcosa in più dato dal significato.

Location bellissime (lei che si perde nelle mura di cemento per cercare il dottore, stupendo), attori tutti in parte per un film che diventa un horror molto atipico anche nella grammatica, se pensiamo che quasi tutta la parte veramente di genere (gli "zombie) è concentrata al centro del film e non alla fine, in una sorta di anticlimax che dimostra quanto a chi ha scritto il film più delle regoline del genere interessi raccontare una storia.
Intendiamoci, in quella parte centrale pare di assistere ad uno di quei tipi di horror che tanto disprezzo, quello dei jump scares. Eppure il film mi aveva già conquistato, mi aveva già portato con sè, mi aveva regalato quella credibilità e "serietà" che mi ha portato a vivere quelle scene in maniera diversa (tra l'altro almeno un paio di jump scares son belli belli).
Altro elemento che differenzia His House dagli altri è lo spiegarci subito che cosa stiamo vedendo. Nemmeno mezz'ora e già sappiamo cosa sono quei mostri, già sappiamo quale sia la metafora, ce la dicono gli stessi protagonisti.
Ed è così che passiamo al significato.
Fino a 10 minuti dalla fine faticavo a capire.
Sì, faticavo a capire perchè questo "demone" volesse uccidere uno della coppia "soltanto" perchè loro fossero sopravvissuti al naufragio, mentre quasi tutti gli altri erano morti (su questo tema vi consiglio il bellissimo Il Superstite, sottotitolato da noi).
Perchè un'entità "africana" dovrebbe chiedere il sacrificio di chi è sopravvissuto, può davvero quella essere una colpa?
Ad un certo punto, e lo dicono anche nel film, si affaccia un altro possibile significato, ovvero quello per cui la loro colpa è, semplicemente, l'essersene andati, l'aver lasciato l'Africa. Come se l'entità imputasse loro di esservi venduti all'Europa, essere diventati loro schiavi solo per avere una nuova "casa" che, però, non sarà mai la loro vera casa, l'Africa.
Bol combatte questi demoni con tutte le sue forze, lui pensa di essersi meritato quella nuova vita, pensa che la loro felicità possa arrivare solo in quella nuova abitazione.
Ma i sogni terribili diventano sempre più terribili e reali. La casa inizia spesso a trasformarsi in quel mare dove persero la vita tutti i loro connazionali (con dei giochi grafici che mi hanno ricordato l'indimenticabile finale di Mine).
Ad un certo punto il film richiama anche Shining con lui che rinchiude lei dentro, ormai ossessionato dal luogo, dal voler restare lì.
Poi, però, scopriamo la verità.



Vedete, come dicevo all'inizio questo film ha un doppio coraggio. Primo quello di usare il genere per un soggetto così delicato e drammatico.
Poi quello di mostrarci le nostre due vittime come non vittime, anzi, carnefici.

Proprio quando mi stavo quasi incazzando per quanto i due fossero perseguitati scopriamo tutto.
La figlia non era loro. Bol la rubò alla madre naturale per poter salire nel bus. Non a caso nella scena del naufragio riusciamo a capire che non si fece nemmeno di tutto per salvarla.
Ed ecco allora cosa voleva il demone (e acquista senso anche la leggenda che Rial racconta ad un certo punto), voleva che in cambio della vita che avevano rubato alla ragazzina fosse sacrificata una delle loro. Per certi versi quindi un demone "giusto" che non li accusava tanto di essere sopravvissuti (come pensiamo per tutto il film) o di aver abbandonato le proprie radici, ma che semplicemente reclamava una vita in cambio di quello che lui ritiene sia stato un assassinio (a tal proposito è interessante riflettere sul titolo, con quel "his" che può riferirsi sia a Bol che al demone stesso).
Bol alla fine capisce, si arrende.
E accetta di farsi uccidere, per salvare quella bimba innocente e la sua stessa moglie.
Ma qui avviene la scelta di sceneggiatura più coraggiosa dell'intero film.
Proprio quando lo "scambio" era ormai concluso (bellissimo il mostro), quando il sacrificio di Bol era ormai giunto a termine, Rial uccide il mostro.
E qui la metafora raggiunge vertici altissimi, e scomodi pure.
E' come se quella coppia abbia sì riconosciuto la propria colpa ma all'ultimo momento sia venuto fuori l'orgoglio di non credere di meritare quella fine.
Come a dirsi "è vero, abbiamo la colpa di essere sopravvissuti, abbiamo la colpa di aver portato involontariamente alla morte una bimba non nostra, ma meritiamo tutto quello che abbiamo, siamo anche noi delle vittime, dei poveri uomini che hanno cercato la salvezza, delle persone che tra mille traumi, dolori e atrocità sono arrivati a questo punto".
E il demone allora viene ucciso, come in Babadook, come in Relic in qualche modo.
Al posto di quel demone subentra metaforicamente una specie di Angelo, un'unica Anima.
Quella casa adesso è loro, lotteranno per viverci al meglio possibile.
E tutti i demoni, tutti quei mostri che rappresentavano i morti che non ce l'hanno fatta, adesso sono persone normali, sempre spettri sì, ma non vendicativi, che vivono lì con loro.
Il film si ribalta completamente, Bol e Rial non sono più i "maledetti" che sono sopravvissuti, gli assassini, i fratelli che hanno rinnegato le proprie radici.
No, sono ora diventati il simbolo positivo di tutti, quelli che ce l'hanno fatta, quelli che continueranno a vivere anche e soprattutto per chi adesso non c'è più

7.5

14 commenti:

  1. A me non ha convinto più di tanto.
    Soporifero per ben metà del film ....sconclusionato con la storia dei naufraghi zombi/fantasmi.
    Il film prende il via con la rivelazione sulla non figlia ma incastrare sta storia dentro un horror e risolverlo in quella maniera mi ha un po’ deluso.
    Due visioni diverse del concetto di casa che alla fine metaforicamente potrebbero corrispondere al volersi o meno integrare con il paese che ti dà rifugio.
    Poi il finale con quel: facciamo entrare i nostri fantasmi e così viviamo in armonia ...naaa!!
    Un po’ scontato ..
    Ciao

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    1. come hai letto sono in disaccordo su tutto ;)

      oggi ho letto qua e là e, davvero, c'è gente che ne parla di mezzo capolavoro e altri che vanno ancora più pesanti di te

      a me ha convinto in ogni singolo aspetto, tecnico, narrativo e metatestuale :)

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  2. Boh...?
    Ti sei fatto un film nel film.
    Non avevo letto la tua recensione ieri ..ho visto il film su mezzogiorno e poi ho aspettato che uscissi con questo post.
    Leggere la tua introduzione mi aveva fatto capire che ti era piaciuto.
    A me non più di tanto ..ma non ho voluto leggerti subito.
    Ho postato il mio commento, un po’ triste ad essere sincero, perché leggendo la tua presentazione del film avevo mi dispiaceva che non mi fosse piaciuto.
    Magari non l’ho capito io ecc...le solite cose che ti passano nella testa quando ti rendi conto di essere un po’ fuori dal mucchio no?
    Invece dopo aver nella pagina fb i primi cinque commenti, di cui ricordo adesso bene solo l’ultimo perché molto sinteticamente lo definiva un film onesto e quegli altri precedenti non mi parevano poi così entusiasti.
    Beh dai mi son rincuorato.😀
    Te hai fatto in analisi del titolo già solo quella si offre ad un altra interpretazione.
    His è suo , pronome riferito a Bol ( ma questo l’hai scritto pure te che può essere) house è il contrario di home.
    Bol è house , lei è home.
    Ti ripeto l’idea è buona..ho letto pure di messaggio retorico anche se non ci vedo niente di retorico nel trauma dei profughi.
    L’idea è buona ma svilupparla in un horror in quella maniera , come dire se fosse una ricetta di un piatto non lega bene.
    Poi ci sta tutto quello che hai scritto ...anche se mi sembra strano che si arrivi in un paese straniero e si è costretto ai domiciliari in quella maniera come è descritto nel film.
    Anch’io c’ho visto il caldo dell’Africa in lei e la fredda Inghilterra in lui.
    Un campanello d’allarme della possibile “ pazzia “ di lei quando si perde nel labirinto dei vicoli in cemento per trovare Church street ( me pare) quasi una metafora di perdere il contatto con la realtà:
    Come hai scritto , la politica lasciamola fuori , ma c’è ne sarebbero di disamine sul messaggio che comunque il film bene o male ti lascia.
    Un ultima cosa che sono i Jump scares?

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    1. sì sì, ancora non ho risposto a quei commenti ma sono in tantissimi (non da me dico, in generale) quelli tiepidi o addirittura delusissimi dal film

      per me, lo ripeto, va sui migliori 3 horror dell'anno

      non so, a me il dubbio che l'his sia riferito al demone resta, se ricordi bene dicono proprio che ovunque andranno il posto dove andranno sarà di quel demone, di quello che deve vendicarsi

      però è ovvio che come minimo c'è il gioco che possa essere riferito anche a lui, Bol

      riguardo la cosa del carcere bisognerebbe vedere le leggi inglesi, magari non puoi arrivare come clandestino, oppure gli hanno dato colpe del naufragio o altro

      sai che non credo lei sia pazza? anzi, sia lucidissima, talmente lucida che riesce a dare chiarezza e calma su cose terribili e trascendentali
      è lei che prova a "spiegare" a lui cosa sta succedendo. E quello che sta sucedendo, anche se paranormale, sta succedendo davvero

      la scena del labirinto per me non è per nulla metafora di pazzia ma di smarrimento in un ambiente non tuo, in tutti i sensi

      i jump scares sono quegli spaventi improvvisi che usa molto il cinema recente, quelli in cui appare il mostro all'improvviso per esempio

      insomma, i salti dalla sedia. Di solito, o almeno io, lo si usa con accezione negativa per quei film che non sanno costruire atmosfera e tensione e quindi usano tutti sti trucchetti

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  3. Io sono molto in linea con questa recensione. Un horror politico, perché tale è, che però non si lascia affossare dal messaggio e lo racconta utilizzando l'arma del genere in maniera intelligente e molto poco retorica (almeno secondo me). La fotografia e i momenti puramente horror a me sono parsi ottimi davvero e anche il colpo di scena alla base del vero senso di colpa dei due (non tanto essere sopravvissuti, quanto come) e del vero spirito di vendetta del "mostro" e di tutti gli altri "fantasmi" io l'ho trovato, oltre che inaspettato (il che non guasta mai), anche molto significativo.

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    1. anche secondo me è poco retorico, anzi, molto coraggioso e scomodo. Ma vedo che tanti la pensano al contrario. Secondo me è uno di quei casi in cui se scegli questo argomento diranno sempre che sei retorico ;)

      d'accordo su tutto

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  4. Piacevolmente colpito!
    Più che altro, non concordo con la bellezza del mostro - la scena col falò è stupenda, il suo palesarsi quasi trash. Arranca solo un po' nella parte centrale, ma... Che colpo di scena!

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    1. domani rivedo la scena del mostro, ho scritto un pò a pelle ma magari hai ragione ;)

      oh, meno male quel colpo de scena, mica me stava bene sennò la sceneggiatura, c'era qualcosa che non me tornava

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    2. Sono d'accordo con Jean, nemmeno a me ha convinto la resa visiva dello stregone. Nulla di particolare, esteticamente. La sua potenza è tutta nel simbolismo che incarna.

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    3. sì, forse mi sono spiegato male, ma io esaltavo la scena col demone, per una volta il fatto che un mostro metaforico fosse diventato completamente reale l'ho trovata perfetta

      insomma, mi sono esaltato col mostro, volevo dir questo ;)

      (se non ti rispondo stasera sul tuo commento massimo domattina, non l'ho ancora letto)

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  5. Stavo scorrendo la home di Netflix ieri sera, faccio partire il trailer di His House e lo blocco poco dopo: mi aveva già convinto, niente più spoiler. A fine visione mi ritrovo nello stesso stato d'animo generato da Babadook: mi sentivo piacevolmente raggirato. Perché quello che mi era stato presentato come un horror, era in realtà un film drammatico (per certi versi anche più di Babadook), sotto mentite spoglie.
    Bellissimo. Imperfetto, ma bellissimo.
    Lo stregone-demone che incarna i due diversi sensi di colpa, l'improvvisa rivelazione dei fatti (la corsa disperata della madre dietro al bus e le urla strazianti della bambina, mio dio...), l'improvviso cambio di direzione del finale che pareva convergere verso una più scontata lotta tra i due, ed invece ci mostra lui che abbatte definitivamente le barriere che lo tenevano al sicuro dai sensi di colpa, e vi si abbandona totalmente "aprendosi le carni", perché sente di non meritare altro per ciò di cui si è macchiato. E poi lei, che si arrende ed accetta di assumersi la sua parte di colpe, certamente meno pesanti di quelle del suo uomo, ma pur sempre reali. Il simbolismo di quella lama che taglia la gola del demone è potentissimo. C'è tutto l'amore che una donna può nutrire per il suo uomo, lì.
    Una piccola perla.

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    1. perfetta analisi del film domenico...

      sì, ormai anche io li chiamo "horror alla babadook", avrai visto, per me quello è un capolavoro che ha creato una nuova ondata di horror metaforici

      è vero che il finale simboleggia la sua parte di colpe e anche l'amore per il suo uomo ma secondo me, come ho scritto, è più una cosa di orgoglio, di dirsi "meritiamo di restare vivi e stare qua, anche a nome di tutti quelli che sono morti per noi"

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    2. Vero, le stratificazioni di carattere sociale e politiche della pellicola potrebbero riportarci indietro nella storia a ritroso di secoli...
      Mi è tornata in mente la scena nella quale lei chiede indicazione ai tre ragazzini, tutti di colore, che finiscono per sbeffeggiarla: se è vero che nella scena finale ci ho visto tanto amore, in questa, invece, ho visto tutta l'insondabile profondità della stupidità umana.

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    3. assolutamente

      ma ti fa anche capire quanto seconde o terze generazioni di "africani" ormai diventano così tanto "europei" da disprezzare le loro stesse origini

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due cose

1 puoi dire quello che vuoi, anche offendere

2 metti la spunta qui sotto su "inviami notifiche", almeno non stai a controllare ogni volta se ci sono state risposte

3 ciao