13.4.20

Recensione: "Bait"


Un film assolutamente unico.
Più che un film un'impressionante operazione di mimesi con il cinema di una volta.
Pellicola sgranata e rovinata, montaggio frenetico e tagliato malissimo, inquadrature tipiche dell'epoca.
Bait è un film del 2019 ma, se non lo sai, non potrai mai capirlo.
La storia di un piccolo villaggio di pescatori, la storia di Martin, uno di loro, e del suo odio per i turisti che, durante la bella stagione, vengono a vivere lì.
Ne nasceranno delle tensioni, fino all'inevitabile tragedia.

presente nel Guardaroba de il buio in sala

Incredibile, sono riuscito finalmente a vedere un film degli anni 50.
Non rompetemi il cazzo, so che Bait è del 2019 ma voglio che me lo contiate come anni 50.
O 60.
Lo esigo.
Perchè questo gran film di Mark Jenkin (sconosciuto fino a ieri per me) non è un omaggio a quel cinema ma un vero e proprio, minuziosissimo, rifare quel cinema.
L'unica volta che in questi anni ho visto un'operazione simile è stata col bellissimo "The House of the devil" di Ti West, film che in tutte le sue componenti replicava un film degli anni 80 (tanto che due volte fermai la visione per andare a ricontrollare di che anno fosse).
Qui avviene lo stesso, Jenkin replica, con un mimetismo impressionante, i film di 50 e 60 anni fa (minimo...).
La pellicola è sgranatissima, deteriorata (salti di luce, sporcature, forse anche qualche cigarette burns etc...) per un bianco e nero "brutto" come non se ne vede mai nel cinema contemporaneo.
Ma Jenkin non si limita alla sola pellicola ma la sua replica coinvolge anche la regia e, soprattutto, il montaggio.



Ne viene fuori un film tremendamente sbagliato, sporco, tecnicamente debole (all'apparenza, quando invece il replicare così bene significa che è tecnicamente superbo) con dei montaggi orribili, mai fluidi, tagliati con l'accetta, veloci e fastidiosi.
Ma non solo, abbiamo inquadrature strettissime, tagli che non vedevo da tempo e, come se non bastasse, gestione sbagliata dei raccordi di sguardo, scavalcamento di campo e chi più ne ha più ne metta.
Veramente un disastro, che vuole richiamare quel cinema povero, poverissimo, dove montare un film era un'impresa, dove non avevi a disposizione 23 inquadrature diverse da usare, dove i mezzi per rendere il tutto sinuoso non esistevano, dove spesso la legge era il "bona la prima".
Ma lo spettatore intelligente deve vedere tutte queste mancanze esattamente al contrario, ovvero come delle finezze.
Sta senz'altro qui la grandezza di Bait, un film unico, un film che è un'operazione metafilmica che non avevo mai visto così radicale.

Siamo in Cornovaglia, in un piccolissimo villaggio di pescatori.
Ci sono giusto 10 case.
La buona stagione arrivano dei turisti, poche decine.
Un gruppo di questi ha affittato la vecchia casa di Martin, il nostro protagonista, pescatore del luogo.
Martin (incredibile la coincidenza in italiano, Martin pescatore...) in realtà non un gran pescatore, ma uno che si limita a mettere una rete sulla spiaggia e raccogliere 3-4 pesci al giorno.
Non ha una barca anche se sogna di comprarne una e mete i soldi da parte per questo.
 In realtà una barca di famiglia esiste, ma la usa suo fratello ed ormai non più per pescare ma per portare i turisti che Martin tanto odia a fare dei giri panoramici.
Per piccoli problemi (specie un parcheggio, ma anche per gelosie adolescenziali) iniziano ad esserci attriti tra Martin e i forestieri.
La tensione si fa sempre più grande, finchè...



La storia è minima, davvero, ma funziona.
Funziona perchè gli attori son bravi, perchè la tensione te la crea, perchè il ricordo di film simili (penso a Cane di paglia) ti preparano ad una esplosione finale, perchè il luogo è suggestivo e questo confronto tra pescatori e ricchi turisti affascina.
(tra l'altro alla radio ci sono continui riferimenti politici ma la mia capraggine sull'argomento mi porta a non parlarne).

Ma, è innegabile, la forza di Bait è nell'operazione di cui parlavamo all'inizio.
E' un film senza cuore (per questo non diventerà mai uno dei "miei" film) ma che il cuore ce l'ha, e grandissimo, proprio in questo suo straordinario omaggio al cinema, in questo suo certosino e maniacale lavoro di ricostruzione.
La cosa che più ho amato è sicuramente il montaggio.
Bait usa tantissime volte quello alternato (da non confondersi al parallelo, l'alternato è quello che mostra più azioni in contemporanea in luoghi diversi), spessissimo volte alternanza a due ma in una scena, SUPERBA, addirittura a tre.
Ed è quella con Martin che fa aggiustare la nassa al figlio di papà mentre i genitori di questo mangiano l'aragosta (simbolo della colpa) e la sorella cucina un piatto di pasta col nipote di Martin.
Montaggio alternato quasi tutto sul silenzio, straordinario, di grandissima tensione.
Altra scena bellissima per montaggio è quella nel pub, con la bella ragazza che vuole giocare a biliardo e Martin che parla con la proprietaria. Un montaggio talmente veloce da star male, improponibile oggi (mi ha ricordato proprio quello in Cane di Paglia, durante lo stupro se non sbaglio).
Ma, davvero, il montaggio è la vera e propria anima del film, più è fastidioso e "sbagliato" più si gode.

Ma di cosa parla Bait?
Di un vecchio mondo che non esiste quasi più, di chi "è rimasto" a fare la vita di un tempo e, anche se odia il forestiero, il nuovo, deve comunque ringraziare che questo esista perchè gli dà da mangiare.
Tutto il paese alla fine usa i soldi dei turisti, tranne Martin, che continua a vendere i suoi 3-4 pesci agli abitanti del luogo.
Lui è legato al tempo che fu, alle radici (infatti accusa la barista di non tenere aperto l'inverno), lui vede il fantasma di suo padre, grande pescatore, che prova a dargli consigli.
Non sopporta, forse, che il fratello abbia trasformato la loro attività di un tempo, la pesca, in una "esca" per turisti.
In realtà quello del fantasma del padre è qualcosa che capiremo solo poi, inizialmente ci sembrerà un vero e proprio abitante del villaggio.
Ed è anche in queste piccole chicche "trascendentali" che Bait fa leva, come la presenza di questi fantasmi (con doppia accezione, persone morte ma anche simbolo di qualcosa che non c'è più) o dei velocissimi flash forward che ci mostrano cose che avverranno in futuro.
Ed ecco che arriva la figura chiave, quella del nipote di Martin.
Lui è sia legato ai turisti (flirta e fa sesso con una di loro) ma è anche molto ancorato alle sue radici (vuole fare il pescatore e comincia ad aiutare Martin).
E' come una figura chiave, un collante in mezzo, che non sai da che parte finirà.
Poi ci sarà la tragedia.
Tra l'altro lo spettatore più attento noterà che appena prima Martin aveva detto al fratello che il ragazzo, suo figlio, vorrebbe andare in barca con lui, vorrebbe cominciare a lavorare.
Nella scena dopo il povero ragazzo finirà per la prima volta in barca, ma per morirci.

Poi avviene una cosa strana.
Non si fa più accenno al ragazzo, nessuno lo trova, nessuno ne parla.
Probabilmente viene inserita una ellissi temporale.
Sono rimasto talmente stranito da questa cosa che ho iniziato a farmi anche dei miei viaggi mentali, come se quel ragazzo fosse in realtà Martin da giovane, come se il padre del ragazzo fosse il padre di Martin, come se magari tutto quello che abbiamo visto non fosse mai accaduto.
Ma no, lasciatemi perdere, è tutto lineare, solo uno strano modo di raccontare.
Eppure lo spettatore più attento nel prologo poteva notare un'inquadratura in cui c'erano, appoggiati a un muretto, sia il padre di Martin che suo nipote.



La lettura immediata è quella di un altro flash forward che ci mostra i due defunti della storia, che ci preannuncia che fine farà il ragazzo (e noi in quel momento, a inizio film, non possiamo immaginare che quel vecchio vicino a lui sia morto).
Ma c'è anche un'altra ipotesi suggestiva, ovvero che quei due personaggi siano davvero già morti e che anche il nipote di Martin sia un fantasma per l'intero film, solo uno più "presente" rispetto al padre.
Ma non pensiamoci, sono solo suggestioni.
Ormai la tragedia è avvenuta.
I due fratelli decidono di cambiare vita.
La barca di loro padre non sarà più un traghetto per turisti.
Si torna al mare aperto, si torna a pescare.
Quando ormai il dolore è troppo grande, quando ormai non ti resta più niente, c'è ancora una cosa cui appigliarsi.
Quello che siamo, quello che siamo sempre stati.

10 commenti:

  1. Risposte
    1. mi hai scoperto:)

      https://markx7.blogspot.com/2020/03/bait-mark-jenkin.html

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    2. mi hai fatto scoprire un termine nuovo, ahah

      comunque l'hai visto da pochissimo, quindi quasi sicuramente con i nostri sub, bene!

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  2. nonostante i debiti con alcuni film (primo fra tutti "l'ultimo spettacolo" di bogdanovich) è un film, che a dispetto della tua opinione, ha un grande cuore: la narrazione sormonta i concetti. mi hai fatto scoprire un grande autore spero. e comunque si... il montaggio è da sempre l'anima del vero cinema.
    sai che non do quasi mai dei voti ma questa opera per me vale 9

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    1. per me un'operazione così è un atto d'amore, l'ho scritto, lì sta il cuore

      "dentro" il film ne ho visto meno, per quel che conta :)

      molto contento di questo super gradimento!

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  3. si lo so, poi mi bannerai .....


    che noia usare un IMAC, vuoi mettere una bella pietra in cui incidere delle rune? o usare un carro a ruote quadrate invece di una Tesla per una gita fuori porta? Ok tornati al cinema ANTE cinema, giusto per vedere quanto ce l'abbiamo lungo, sbattiamo lì dei fotogrammi che solo gli spettatori più attenti capiranno (dopo) essere dei "flashforward" (ma i più sgamati lo sospetteranno subito). Non basta? e allora esaltiamoci con il montaggio che neanche "Mad Max Fury Road"; così nei dialoghi mentre A parla a B e C a D, B risponde a D e A a C, mentre nelle immagini si intersecano 3 scene simultaneamente per ribadire un concetto altrimenti scontato. Tutto questo per raccontare una storia (semplice, ma intrigante) che da produttore avrei messo nelle mani di Polanski ma aihmè. Premio Bafta? critiche entusiastiche? ... sarà, per me diverrà film da aneddoti; uno di quelli che di parlerò con amici per intrattenere. Quindi un risultato l'ha ottenuto.

    VOTO **+ (per l'impegno degli autori e per non apparire troppo ignorante, io)

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    1. ahah, me sa che è il voto più basso che t'ho visto mette ;)

      almeno hai capito che quel tipo di cinema (mi riferisco al cinema povero degli anni 50/60) non fa per te!

      e manco per me, però co sta operazione l'ho adorato

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    2. letta la tua recensione e i commenti sopra, sono ad un passo dall'espulsione dal Blog :-D

      però almeno sui "Flashforwards" siamo d'accordo ne?

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    3. beh, sulle cose oggettive impossibile non esserlo ;)

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due cose

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3 ciao