Un film che tanti hanno odiato.
Perchè non fa niente per farsi amare, fastidioso, fermo, freddo e pieno di personaggi irritanti com'è.
Eppure The Mountain, dopo Entertainment, è la conferma di trovarci davanti ad un autore vero, coraggiosissimo, estremo, di una intelligenza e sensibilità pazzesche, nascoste sotto vesti che cercano in tutti i modi di celarle.
Un'opera dall'estetica incredibile, la storia di un ragazzo e del suo viaggio a fotografare lobotomie in giro per le cliniche psichiatriche statunitensi degli anni 50.
Un viaggio che in realtà è una ricerca, la ricerca dell'unico essere umano che abbia mai amato.
Tre attori formidabili, specie un Denis Lavant insopportabile, fastidioso, mostruoso, indimenticabile.
Provate ad andare sotto la catatonia, provate a vedere sotto questo film lobotomizzato che racconta lobotomie tutto il dolore e la disperazione che nasconde.
Tutte quelle urla soffocate.
Il film è presente nel Guardaroba de il buio in sala.
Il film è presente nel Guardaroba de il buio in sala.
La prima inquadratura, bellissima, è di una ragazza che volteggia lentamente nel ghiaccio.
Forse quella ragazza è lei, la vera protagonista del film, una protagonista che non vedremo mai, la madre.
E in quella prima telefonata "Mamma, non posso venire a trovarti", c'è già il manifesto di questo grande film, massacrato veramente da tutti.
Un film dalla profondissima sensibilità, intelligente, scomodo, umano, fastidioso.
E a dirigerlo c'è quel Nick Alverson che amai alla follia già in Entertainment, film che, come questo, aveva le stesse caratteristiche.
Profondo, sensibile, intelligente, scomodo, umano, fastidioso.
Credo proprio di aver trovato un autore identico a me, uno che "capisco" a ogni inquadratura, a ogni volto, a ogni gesto.
Uno che racconta del dolore della perdita in un modo completamente opposto alla retorica.
Anzi, dentro ai suoi film c'è una malinconia respingente, ci sono personaggi "brutti", c'è cinismo, c'è una incommensurabile tristezza.
Eppure entrambi i film parlando di vuoti incolmabili, di persone che si sono perse e mai più torneranno.
In Entertainment era la figlia del protagonista, qui la madre.
E in tutti e due c'è un disperato ed infantile modo di contattarle, dove in uno erano quelle telefonate "impossibili" (fatte al nulla) qui abbiamo una tavoletta ouja per credere che qualcuno di là ci possa sentire.
Nei film di Alverson le lacrime non si versano perchè il regista fa di tutto per trasmetterti i sentimenti con acidità, repulsione, cinismo.
Del resto Alverson era un comico (come il personaggio di Entertainment), uno di quei comici che attraverso battute fastidiose prova a farti fare un sorriso amaro.
E a raccontarti un immenso dolore che ha dentro.
E fatemi allora dichiarare la profondissima empatia che ho con questo autore, un autore che sembra scrivere film con una penna intinta nel mio cuore e nella mia testa.
E sì, capisco chi ha odiato questo film, chi l'ha trovato fermo, immobile, insopportabile, freddo, fastidioso (specie nella seconda parte), logorroico, megalomane.
Ognuno ha le sue affinità elettive.
The Mountain è la storia di un ragazzo, Andy, che decide di seguire un medico lobotomista in giro per gli Stati Uniti.
Andy dovrà "solo" fotografare i pazienti del medico, pazienti che saranno sottoposti a lobotomia ed elettroshock.
Decide di seguirlo perchè quel medico ebbe in cura sua madre, da anni in ospedale psichiatrico.
Andy spera così, in qualche modo, di ritrovarla.
Ne nasce un film che è uno struggente (ma solo se si ha il coraggio di andare oltre il formalismo, il fastidio e la freddezza) racconto di un ragazzo che cerca disperatamente di trovare la madre.
Tutto quello che Andy vedrà, cose terribili, sono tutte cose che quel ragazzo immaginerà esser state fatte in passato alla madre.
E così questo suo lavoro, questo suo fotografare l'orrore, non diventa altro che un continuo tagliarsi il cuore in due, arrivare alla verità, scoprire il passato di sua madre in modo indiretto.
La recitazione catatonica di Sheridan è letteralmente straordinaria.
In quella catatonia (che secondo me pochi hanno capito) c'è veramente tutto.
C'è un'infanzia negata, c'è dolore, c'è una mancanza (in un film in cui anche i vuoti - gli angoli dei muri e le sedie senza occupanti - vengono fotografati).
Ma ci sono anche altri due aspetti. Uno è quasi un'anticipazione di quello che poi accadrà ad Andy, ovvero l'essere reso anch'esso innocuo, uno zombie.
L'altro è quello che dicevo prima, lo straziante dolore di un giovane che in quel tour dell'orrore non sta vedendo cose aberranti ma anche, implicitamente, sua madre, l'inferno che ha passato, sta capendo che l'ha persa per sempre.
Alverson disegna, è il caso di usare questo verbo, ogni inquadratura in un modo straordinario.
La geometricità, le linee, i colori pastello, quasi tutti sulla tonalità del marrone o dei toni non accesi (la camicia di Andy è come se fosse la tavolozza da cui l'ha presi) ci regalano dei quadri impossibili da non ammirare.
E sapete chi mi ha ricordato per messinscena?
Roy Andersson.
Fateci caso, gli stessi colori, le stesse geometrie, gli stessi esseri umani esangui che li attraversano.
Ma è come se in quei quadri anderssoniani poi si muovano suggestioni più alla Lanthimos, perturbanti, scomode.
Un film di ghiaccio (del resto da un palazzetto del ghiaccio comincia) che nasconde un turbinio di emozioni trattenute, di urla soffocate, di impressionante dolore fisico e psicologico.
Il tutto avviene in luoghi desolati e desolanti (come già in Entertainment), alberghi senza vita, cliniche di accecante bianco negli arredi e profondissimo nero in quello che avviene al loro interno.
A sottolineare questa idea quasi di non-luogo ci sono inquadrature quasi tutte identiche tanto che, magari sbaglio eh, a volte mi è sembrato che venissero usati medesimi luoghi e inquadrature per cliniche diverse.
Non c'è vita, non c'è vitalità in nessun luogo, in nessun personaggio, in nessuna azione (a parte Levant, ma vedremo poi).
E' come se il film fosse anch'esso lobotomizzato, è come se pure noi spettatori lo fossimo.
Altra nota a merito di un autore di impressionante sensibilità.
Oh, io mi emoziono solo a parlarne, sarà che le cose che a me toccano più il cuore sono quelle che si mostrano con vestiti diversi di quelli che sono in realtà.
Ma The Mountain è un film di tante altre cose.
Ambientato negli anni 50 è ad esempio anche un grande ritratto della repressione sessuale.
Andy è vergine, è talmente "impaurito" e analfabeta del sesso che nei suoi sogni maschi e femmine si mescolano tra loro, tanto che diventa impossibile distinguerli (infatti la figura del trans o dell'ermafrodito torna più volte).
Ci sarà una sola scena di sesso, molto lanthimosiana, fredda, rubata.
E' molto interessante come ci sia questa specie di identità tra repressione sessuale e catatonia, come se quella lobotomia sia stata fatta ad un paese intero, un paese inerme, privato degli istinti più vitali, un paese che solo in sogno può immaginare cose che la società gli preclude.
E', ovviamente, anche un film denuncia, denuncia di una barbarie che già tutti conoscevamo ma che fa sempre effetto vedere.
E', ovviamente, anche un film denuncia, denuncia di una barbarie che già tutti conoscevamo ma che fa sempre effetto vedere.
Le scene delle lobotomie non sono mai troppo crude eppure venendoci mostrate così fredde (in tutto, nei gesti, nella ritualità, nell'assenza di empatia, nei luoghi) diventano ancora più terribili.
Ed è ancora più terribile pensare alla facilità con cui venivano fatte, l'assoluta non necessità.
E immaginate Andy che deve star lì a fotografare questi abomini, a fotografare il prima e il dopo di persone non più tali, a fotografare, metaforicamente, la sua stessa madre.
Ma è impossibile non arrivare poi al tema dominante, la pazzia.
Tutti i personaggi del film sono a lei riconducibili.
C'è la vera pazzia, quel cortocircuito del nostro cervello, quell'obbedire a leggi tutte sue.
C'è quella pazzia criminale di chi crede a giocare a fare Dio (il dottore).
La pazzia che gli altri ti attribuiscono.
Quella che altri ti iniettano.
Quella sociale e quella individuale.
Chi sono realmente i pazzi?
Come si riconoscono?
Lo stesso Andy alla fine impazzisce, e non si sa se il suo impazzimento sia reale, frutto di tutto il dolore e la rabbia fino a quel momento represse, oppure sia semplicemente la recita di chi ormai ha una sola possibilità, essere lobotomizzato (un pò alla finale di Shutter Island), andare nel mondo dei pazzi per fuggire al pazzo mondo dei sani.
Del resto le uniche due persone che Andy abbia mai amato sono due persone (la madre e la ragazza) portate in quel mondo-altro, lo stesso mondo dove adesso andrà anche lui.
Alla figura del dottore di contrappone quella di Denis Lavant, in un personaggio e realtiva interpretazione fastidiosa, rivoltante, insopportabile, impressionante, magnifica.
Una specie di guru che usa la proprio pazzia per parlare ai pazzi, un megalomane che in un delirante discorso finale parla di Uomini e Dei, di creature superiori (tornano gli ermafroditi), di conoscenza del Tempo passato, presente e futuro tutto assieme.
Ma non c'è la vena esistenziale di un Synecdoche New York, quanto uno squinternato, confuso ed irrazionale discorso.
E non importa se non si comprende quello che viene detto, perchè la Pazzia, come una maschera della morte rossa di Poe, è arrivata finalmente in questo film che sempre di lei ha parlato.
E chissà cos'è questa Montagna, forse il luogo di arrivo finale, forse l'approdo cui solo i pazzi (e Lavant dice di esserlo stato in precedenza) possono conquistare.
Una dimensione superiore.
E infatti alla fine i nostri due dolcissimi protagonisti scappano via, verso quella montagna, qualsiasi cosa rappresenti.
L'ultima triste immagine, quasi metafisica, di un film bellissimo, colto, "superiore", sensibile, coraggioso, un'opera che non fa niente per rendersi piacevole o emozionarci ma che troverà sicuramente qualcuno che connetterà la propria anima alla sua.
L'ultima triste immagine, quasi metafisica, di un film bellissimo, colto, "superiore", sensibile, coraggioso, un'opera che non fa niente per rendersi piacevole o emozionarci ma che troverà sicuramente qualcuno che connetterà la propria anima alla sua.
Eppure in questa freddezza che dentro ribolle come il fuoco, in questo film che è un' immagine apatica di sentimenti che invece ardono sotto una lobotomizzante catatonia, ecco che un momento d'emozione, brevissimo ma altrettanto potente, l'ho provato.
Siamo a teatro, Lavant gigioneggia mostruoso davanti ai suo pazienti inermi.
Andy muove una mano.
La mette sopra quella di lei.
Sembra niente ma in questo film è l'Apocalisse
L'ho visto ieri notte. Dopo "Entertainment", che ho adorato (quel "whyyyy???" è indimenticabile, come lo è lui, quelle telefonate all'assenza, tutto il resto), avevo aspettative altissime. Non sono state tradite.
RispondiEliminaQuei silenzi. Quel ghiaccio. Quei (non) colori. Quel cuore a forma di voragine (o viceversa). Quei corpi. Quella mano che spera, che sogna, che sfiora quella di lei, che è forse la vera Montagna. L'Altro significativo, quello che ti riconosce, quello che ti permette di pensare "questo sono io". La montagna dell'identità è una delle più difficili da scalare, soprattutto se non hai una mano che si poggia sulla tua.
Splendida recensione.
Grazie di avermi fatto conoscere Rick Alverson.
Non sai quanto sono contento di questo commento
EliminaSto film me lo porterò nel cuore e ogni volta che sarà apprezzato per me è come una piccola vittoria
Di solito non mi interssa dei giudizi altrui (leggi, non mi cambiano, non che non interessano) ma in questo caso, visto quanto sto film è vilipeso, ogni apprezzamento lo sento
specie se viene da persone intelligenti e sensibili, visto che è considerato "freddo" e nessuno vede sotto
bellissimo commento e interpretazione della montagna
grazie roberto (poi arrivo su la strada)
Un bel film sulla malattia mentale o come arrivarci se ti metti nelle mani sbagliate .
RispondiEliminaIntanto bisogna trovarci una temporalità e io ho azzardato che siamo metà anni 50 o comunque quando ancora si poteva curare la malattia psichiatrica con l’elettroshock.
Poi bisognerebbe capire perché Andy sta male?
Credo date le sue allucinazioni con l’ermafrodito..e dalla domanda che gli fa poi Wally quando si capisce che Andy non è il suo collaboratore strano ma un suo paziente da esibire come dimostrazione della validità della sua terapia leggermente invasiva -:), se è attratto dai maschi e lui non risponde.
Probabilmente l’omosessualità quegli anni era considerata una malattia psichiatrica da curare con l’elettroshock!
Poi il film è fatto di silenzi , di sguardi.
È molto geometrico nelle inquadrature .
Sembrano le scene tante stanze , metafora forse degli appartamenti della mente a volte pieni di stanze vuote.
Poi la montagna o il quadro ?
Ognuno ci vede quello che vuole e non sai mai se hai fatto la scelta giusta.
Probabilmente come Andy che non è convinto della sua di scelta come mi fa capire il finale ( aperto/metaforico ) del film.
E te caro Giuseppe che ne pensi di questa mia interpretazione?
Senti le voci..?
sono contentissimo te abbia preso al volo quel link, abbia già visto il film e, addirittura!, ti sia piaciuto (massacrato a Venezia, troverai siti con voto 4)
Eliminala temporalità è quella, ufficiale, anche perchè racconta la storia vera del primo medico lobotomista
sì sì, sicuramente c'è la metafora tra la lobotomia e il frenare gli impulsi sessuali
questa cosa dell'omosessualità di Andy non ci avevo pensato, o meglio, non l'avevo vista connessa al trattamento avuto ma ci può stare (anche se comunque lui ha una storia con una ragazza e anche il medico lo sa)
anche la metafora delle stanze non mi interessa se è giusta, è bella e tanto basta
il discorso della montagna è difficilissimo
dico la verità, mi sono rivisto il monologo finale e c'ho tirato fori quelle mie 4,5 parole ma mi ero dimenticato invece della scena del quadro, credo me la vo a rivedè, ahah
Commento in diretta.
RispondiEliminaStavo guardando ed ero a tre.
Poi è apparso questa tua risposta.
Si ho usufruito del Link e pure per Swallow ( che guardero' prossimamente).
Non ho letto la tua rece ancora , ho guardato il film senza informazioni...senza aspettarmi niente.
Jeff Goldblum è da Adam Ressurected che non lo vedevo ..gli altri non li conosco.
Non sapevo manco raccontasse di una storia vera , questo film.
Ecco mi sfuggiva un aggettivo prima su questo film: molto teatrale.
Per la fotografia , i quadri che presenta ,la cura nei dettagli (la scena a tavola finchè fanno colazione Andy e il padre..la prospettiva )
Le mie sono supposizioni però come spieghi l'ermafrodito...e poi fanno sesso dopo che lei ha annusato la guancia di Andy che aveva ancora il profumo della mano di sua madre e poi le volte dopo non hanno "consumato" e lui mi sembrava che in Susan rivedesse una madre..più che una compagna.
Mha?
Ciao
certo che se venisti anche con un profilo falso sul guardaroba potresti scaricarne 100 (li stiamo ricaricando tutti sti giorni)
Eliminapensa te, mi sono dimenticato di citare Goldblum per tutta la rece quando addirittura volevo parlarne anche in base ad Adam Resurrected, altro film "strano" e nel quale lui è un personaggio indecifrabile
di solito teatrale nel cinema è usato con un uso negativo ma ho capito che intendi, assolutamente
sì sì, cose molto sensate dici
l'ermafrodito ne parlo un pochino in rece, ma certo c'è da studiarci
Perché dovrei farmi un profilo falso?
RispondiEliminaChe avete cento porno?-:)
Son tentato di entrare in fb ma ho paura.
Paura di non riuscire ad avere le cose sotto controllo , bisogna saperlo usare.
A parte che se vengo con un profilo fb ( reale , sta cosa del falso non la capisco) solo per il guardaroba , lo utilizzo solo per quello - scaricare film -e basta!!
Ho letto la tua rece.
Molto bella , anche qua mi trovi d’accordo quando scrivi di estetica del film .
Era quello che volevo scrivere quando mi riferivo a teatrale , cioè ogni scena sembra studiata come fosse dipinta su un quadro.
Forse per quello ti da quel senso di statico.
Freddo , no non l’ho percepito.
Secondo me con il discorso della ricerca della madre o forse più che altro la presa dì coscienza di non rivederla ci sono dei rimandi con la madre di Susan.
Alla fine quello che questa dice a riguardo della figlia ( malata) e del marito a suo dire malato pure lui della stessa malattia della figlia ma senza il coraggio di ammetterlo.
Poi ci son delle cose che non mi trovo d’accordo su quello che hai scritto e cioè che Andy è un paziente come tutti gli altri ..ma dall’inizio del film e probabilmente come ti dicevo con il rimando a padre e figlia malati pure lui c’ha la malattia della madre .
Ma però okay va bene così..perché ognuno ci vede quello che vuole .
Tu ci hai visto la montagna ed io il quadro.
Comunque si sente che ti è veramente piaciuto .
Goldblum ...adesso non ricordo bene ma su Adam ressurected era un ex clown ebreo sopravvissuto che combatteva contro i fantasmi del suo passato e che aveva preso a cuore il destino di un ragazzo disadattato/ problematico come fa il dott Wally con Andy in The mountain.
Comunque la locandina con le due sedie vuote “dice tanto”.
Ciao
oh, arrivo anche su The Host eh
Elimina1 appunto! per profilo falso non intendo il nasconderti, ma usare fb solo per venire sul guardaroba a scaricare film. Insomma, niente amicizie, profilo personale, niente, solo una chiave per entrare. E se metti un nome a cazzo manco ti possono trovare, lo usi solo per quello
2 sì sì, infatti avevo capito che intendevi per teatrale. Che, come scrivo, è un pò il modo di girare di Roy Andersson
3 sì sì, vero, come forse ho scritto (se non l'ho scritto l'jo pensato) loro sono due "figli" in qualche modo ma con storia apparentemente opposta, uno è il sano e la madre malata, l'altra l'opposto
ma c'è sicuramente un richiamo
4 molto interessante la tua idea su Andy (per fortuna ho letto anche il commento sotto, non ti avrei capito). Sì sì, assolutamente, hai capito bene, io NON consideravo Andy un "malato" sin dal principio, anzi, se considerassi questo la mia recensione sarebbe COMPLETAMENTE sbagliata. Perchè lui piano piano inizia a conoscere quel mondo e più lo conosce più comincia ad impazzire, più lo conosce più, alal fine, VUOLE impazzire, per essere come le persone che ama
rimango del tutto della mia idea ma la tua è super interessane e non contestabile
5 dovresti vedere anche il suo film prima, Entertainment (sempre guardaroba...)
6 eh, infatti, c'è qualche rimando a quel personaggio... E sono entrambi due film fastidiosi, strani e scomodi
7 Assolutamente. Quando lui poi fotografa l'angolo vuoto bellissimo
Cioè rileggendomi volevo scrivere: tu non consideri Andy malato dall’inizio del film ...ma si ammala dopo.
RispondiEliminaAlmeno questo ho capito io.
Per me invece no.
Quello che vediamo dopo la sfuriata dove sfascia le sedie e viene “curato “ con l’elettroshock probabilmente il regista aveva voluto nascondercelo o farcelo scoprire per gradi.
La scena dopo rivela che lui è un paziente come gli altri quando Wally gli fa l’anamnesi ..forse pensava di riuscire a preservarlo dalla lobotomia
Mah?
E ieri sera mi so' levato pure 'sto dente��
RispondiEliminaLa messa in scena pare fatta da un architetto tanto che sembra precisa ma, come diceva Godard, anche la ripresa è un atto morale, e qui di posizione morale ve n'è tanta.
Per me già "Frances" fu una mazzata: il tema della lobotomia è allucinante, non so come delle persone possano essersi arrogate il diritto di spappolare meccanicamente il cervello altrui (non che la chimica da psichiatria faccia di meglio).
Mi ha sorpreso il fatto che Andy accetti passivamente di farsi operare, forse è quasi un voler ripercorrere in tutto e per tutto i passi materni, con cui il dottore nella sua disumana ciclicità operativa resta l'unico legame.
Di contro la scena finale è emblematica dello stato confusionale/semi-vegetativo della ragazza, la cui madre ha piuttosto accettato di convivere col suo male: una paziente che sta per essere sottoposta al trattamento lobotomico narra ad Andy del proprio ragazzo che una volta era uscito al gelo e che lei aveva richiamato in casa... Susan invece resta là passivamente a guardare Andy mentre lui si congela, un po' forse speranzoso che lei dia segni di vita, un po' in preghiera verso il Monte Shasta. Il quale monte è un vulcano dormiente, proprio come Andy: forse il simbolismo della montagna si riferisce anche a quell'attitudine a tener dentro a lungo e poi a esplodere propria di alcuni dei malati mentali che si susseguono in operazioni e cliniche sempre diverse ma sempre uguali.
Infine mi chiedo se il tema dell'ermafroditismo non sia una metafora del tutto in uno (il cervello) che qualcuno decide di spaccare a metà con punteruolo e martello.
Vittorio M.
Molto bella la citazione ;)
Eliminapensa che Frances non solo mai visto ma neanche sentito :)
sì, anche io scrivo in rece che a quel punto, se il mondo dei sani è così malato meglio essere malato
sia per fuggire da quell'orrore, che per "ricongiungersi" spiritualmente con la madre, che per essere come la sua ragazza
direi che di motivazioni ce ne sono tante e forti
cavolo, bravissimo! ricordo solo ora quel racconto (mentre lo ascoltavo mi chiedevo anche se fosse importante, poi completamente dimenticato) , credo che la sua presenza in sceneggiatura a sto punto non sia casuale
bellissima anche la tua metafora de La Montagna, ognuno di noi ne sta tirando fuori una (e io adoro i film che ti permettono questo)
guarda, riguardo quello che dici c'è proprio una frase di Lavant se non sbaglio, ossia che l'uomo è nato con entrambi i sessi e poi lo hanno spaccato a metà gli Dei
se puoi firmati almeno Vittorio MU che c'ho un mio grande amico Vittorio Morelli che ogni tanto commenta, ti giuro se non scrive sul guardaroba avrei pensato fosse lui (anche se lo stile di scrittura è diverso)
Anderson è palesemente citato, con i colori di Kaurismaki e la follia glaciale di Lanthimos, un insieme di autori ai margini del corretto, del logico, dell'immediatamente comprensibile, un viaggio nell'uomo colui che cerca dentro se stesso risposte ma tende a non trovarle, che si protrae verso la montagna, sempre più metafora di ciò che congiunge le cose terrene al cielo, una salita che coincide nella discesa dentro di se per arrivare alle radici e tremare per averle raggiunte. Altro film che stordisce, indimenticabile la scena degli xilofoni e della danza quasi demoniaca del vero pazzo, l'unico che trova vita tra chi è stato privato cerebralmente della stessa. Grazie della traduzione anche se i dialoghi non sono certa l'anima di un film fatto di immagini magnifiche dove la staticità mostra un dinamismo superiore a tante scene adrenaliniche
RispondiEliminaLucs
"Anderson è palesemente citato, con i colori di Kaurismaki e la follia glaciale di Lanthimos, un insieme di autori ai margini del corretto, del logico, dell'immediatamente comprensibile, un viaggio nell'uomo colui che cerca dentro se stesso risposte ma tende a non trovarle, che si protrae verso la montagna, sempre più metafora di ciò che congiunge le cose terrene al cielo, una salita che coincide nella discesa dentro di se per arrivare alle radici e tremare per averle raggiunte"
Elimina6 righe da brividi Lucs
"Altro film che stordisce, indimenticabile la scena degli xilofoni e della danza quasi demoniaca del vero pazzo, l'unico che trova vita tra chi è stato privato cerebralmente della stessa. Grazie della traduzione anche se i dialoghi non sono certa l'anima di un film fatto di immagini magnifiche dove la staticità mostra un dinamismo superiore a tante scene adrenaliniche"
no, ho letto le altre 6, anche queste
commento stupendo e onorato che ti sia arrivato, film odiato quasi ovunque e io un pochino capisco perchè ma un pochino anche no ;)
pensa che abbiamo proposto ieri un altro film di Alverson, The Comedy, forse lo recensisco oggi
metto qui il link
non ricordo se hai visto Entertainment, forse il più bello suo
https://wetransfer.com/downloads/60993c6052c685e3e642d1a5d326fb4d20200605213109/fa2801
devo recuperare questo regista, grazie per l'ultimo Entertainment è facilmente trovabile, e copriti, non vorrei ti ammalassi per i troppi brividi ;)
Eliminae a sto punto forse andiamo anche a cercare, e magari sottotitolare, i primi due
Eliminavedremo