28.11.14

Recensioni: "Gabrielle" e "La teoria del Volo" - Diversamente, storie di ordinaria anormalità - 2 - di Federica Pace

Per questa seconda puntata della rubrica ho bisogno di un sottotitolo “Diversamente: non puoi fare l’amore”, capirete il perchè. Tratterò due film: Gabrielle - un amore fuori dal coro, regia e sceneggiatura di Louise Archembault, e La Teoria Del Volo di Paul Greengrass.



Il giorno in cui vidi Gabrielle lo scelsi appositamente tra i film del Giffoni Film Festival, e lo  trovai  tra le pellicole della sezione fuori concorso Parent Control. 
Gabrielle (Marion Rivard) ha vent’anni ed è affetta dalla Sindrome di Williams (esattamente come l’attrice che la interpreta), una malattia genetica rara che procura un ritardo mentale, quindi una difficoltà nell’apprendimento che però cambia da soggetto a soggetto, dipende dalle aree del cervello interessate. Chi è affetto dalla SW ha un carattere estremamente socievole ed estroverso e anche un udito sensibilissimo, non a caso sono molto portati per il canto. Gabrielle vive in un centro per ragazzi affetti da diverse sindromi. Segue delle lezioni di canto e con il coro di cui fa parte dovrà partecipare a un concorso. Con lei c’è Martin, anche lui affetto da un deficit dell’apprendimento. Si amano immensamente, con una purezza assoluta, ma la madre di Martin comincia a non essere più d’accordo con il loro rapporto quando si rende conto che i due ragazzi vogliono fare l’amore. Ma loro sono diversi.

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L’idea quindi sarebbe che in determinate condizioni, e non stiamo parlando di incapacità di intendere e volere né di perversioni, bisogna placare la fame di intimità e affetto, semplicemente. Gabrielle e Martin sono condannati dal destino a qualcosa che non può essere modificato, di solito non si vince una malattia genetica, ci si adatta per istinto di sopravvivenza. Nel film questo messaggio è chiaro: arriva una seconda condanna, cioè il provare gli stessi istinti di tutti gli altri, gli stessi bisogni di innamorarsi e far sesso come tutti i normodotati. Si entra quindi in una specie di tunnel oscuro in cui si cerca di somigliare al prototipo di donna e di uomo sano ed è frustrante e doloroso. Nella pellicola questa parte è un po’ confusa ma è la verità. Alla fine ho avuto la sensazione fosse una fiaba con l’eroe, gli eroi in questo caso, il cattivo e il premio da raggiungere, il fare l’amore, solo dopo aver superato le prove.



Questo tema è stato trattato anche ne La teoria del Volo. La protagonista è Jane (Helena Boham Carter) affetta da una malattia degenerativa che costringe sulla sedia rotelle, provocando anche problemi respiratori e cardiaci. Richard (Kenneth Branagh) è un artista fallito, fissato con il volo e condannato a 120 ore di volontariato per aver tentato di far volare un biplano dal tetto della banca dove lavora la fidanzata che poi lo lascia. Richard assisterà Jane, la quale gli confesserà di voler perdere la verginità prima di morire. Jane non è nata malata, è nata sana. La malattia l’ha colpita in piena adolescenza e la degenerazione è stata veloce e cattiva, nessun ragazzo l’ha più sfiorata da quel momento. Jane assomiglia un po’ a Gabrielle, è anche lei decisa. Non c’è qualcosa che non vada nella sua richiesta. È come se dicesse: A voi è permesso amare, fare l’amore, farvi toccare e toccare. Potete pure decidere di dare il meglio di voi stessi con virilità o femminilità, rotolandovi tra l’egoismo e la generosità. Sapete che un bacio ha sapore. Vi guardate perché vi somigliate e perché la vostra normalità è un insieme di unicità non discutibili.

 Io no, io ho mani che non riesco a muovere, piedi inutili eppure ho la necessità di fare l’amore, e anche sesso. Ho la necessità di decidere fra i due. Ho il diritto di decidere di farlo.

Si può contrattare il diritto all’amore? Qui non c’è qualcuno che obbliga a essere qualcosa, qui c’è qualcosa che obbliga a essere qualcuno e la società che poi inventa dei miti, che impone gli impedimenti. Jane e Gabrielle sono obbligate al compromesso per un po’ d’amore, per dei baci e delle mani, per sentirsi abbastanza giuste affinché possano avere un amore finché dura come Gabrielle, o un amore da una sola notte, come Jane. Ma devono trovare dei modi, escogitare dei piani. Sembra quasi che debbano dimostrare se un disabile può o meno fare sesso, se è conveniente, se è corretto. La cosa più triste è che succede esattamente questo nella realtà. Anche per questo ho apprezzato questi due film, perché non ci sono giri di parole, perché i giri di parole non fanno bene a nessuno.




9 commenti:

  1. anche questa seconda puntata è molto interessante, complimenti. devo dire che cercherò questi film per vederli.
    il tema - handicap - diversità, se non si era capito, lo sento molto, mi coinvolge.
    mentre leggevo pensavo che noi -noi umani, in generale- temiamo la diversità, perciò troppo spesso la maltrattiamo. non capiamo che la diversità è - per così dire -il motore stesso della vita.

    venendo ai due film, penso che quella dell'espressione della propria sessualità 'diversamente abile' sia una cosa fondamerntale da ottenere )e non dovrebbero darsi situazioni in cui si deve lottare per ottenerla). vale anche il discorso che tutti - chi più, chi meno - siamo disabili, specialmente nelle questioni di amore e di sesso.

    Accenno brevemente a un mio ricordo personale: l'incontro a una festa con una ragazza bellissima, vivace, energica, simpatica e instancabile, con due occhi azzurrissimi e un caschetto biono chiarissmo .... e una carrrozzina a rotelle, su cui doveva stare per via della sua malattia degenerativa.

    Mi permetto infine di citare, tra i molti, anche il film The Sessions (http://www.mymovies.it/film/2012/thesurrogate/) che porta in cinema la questione del sesso degli handicappati, e dei professioniti che se ne (pre)occupano. da vedere, delicato e molto essenziale allo stesso tempo.

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    1. io credo che oltre a maltrattarla si diano per scontato un numero enorme di cose come se quella condizione precluda tante cose. Ancora c'è gente che si stupisce delle paraolimpiadi perchè spessissimo gli esseri umani rimangono fermi in un determinato modo di vedere le cose. E mi è capitato di trovarmi in presenza di gente che credeva e crede ancora, che una disabilità significhi dover rimanere soli o single per tutta la vita, senza tenere conto che questo è un pensiero che il disabile ha almeno per una parte della propria esistenza, se non per tutta, quando si rende conto di come gli altri lo vedono o la vedono. un pensiero che ritorna anche quando ha accanto qualcuno che lo ama o la ama perchè dovrà lottare per non far calpestare l'immagine che ha di se da quella che ha di tutti gli altri. le malattie generative poi sono un caso a parte, secondo il mio punto di vista. Soprattutto per quelle che colpiscono durante l'adolescenza. Si passa dal fare normalmente sesso con il proprio fidanzato o con la propria fidanzata, ad accorgersi piano piano di ciò che il corpo non permette più di fare, e divetano più complicate anche le cose più classiche. La difficoltà diventa poi impossibiltà e si fanno i conti con chi c'è accanto.
      Ho visto il trailer e vedrò prestissimo il film, grazie :)

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  2. Bella l'idea del collegamento tra film che trattano questioni simili: aiuta a vedere sfumature di uno stesso problema. Anch'io mentre leggevo ho pensato a "The session": guardale se ti capita: ti darà nuovi spunti su cui riflettere.
    Complimenti.

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  3. In effetti The essions l'ho visto in dvd, mi è piaciuto, riesce a raccontare un argomento così importante e delicato, se vogliamo scabroso, evitando imbarazzi, pietismi e ipocrisie. è un film fresco e riuscito, anche grazie al trio di attori principali.

    Altro film sull'amore tra handicappati (o malati)? il recente COLPA DELLE STELLE, dove invece - tra le altre situazioni - i genitori si comportano in modo molto diverso da quelli raccontati in questi film

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    1. conosco Colpa delle stelle, non l'ho visto però... cercherò di rimediare :)

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    2. l'ho visto al cinema, e mi è piaciuto. sfiora sempre la furbizia, ma riesce invece a rimnere onesto, secondo me, e a comunicare la sua storia

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