17.3.22

Extra Sci-Fi Festival Verona - Prima Edizione - di Enrico G.





Post davvero bello di Enrico G., il ragazzo che solitamente cura per il blog la rubrica degli anime.
Si è tenuta la prima edizione di un nuovo festival, a Verona, l'Extra sci-fi Festival.
Enrico ha praticamente visto tutti i film e li ha ottimamente recensiti (potrebbe anche essere l'unico luogo in rete dove troverete tutti i film del festival, o sicuramente uno dei pochissimi).
Non solo, Enrico ha anche intervistato uno degli organizzatori, un redattore del mitico sito I 400 calci.
Vi lascio alla presentazione, all'intervista e poi alle recensioni di tutti i film


L’Extra sci-fi è un festival nuovo di zecca, tenutosi nella sua prima edizione tra il 4 e il 13 marzo 2022 a Verona, con tutta una serie di eventi incentrati sul genere fantascientifico. Il suo cuore però è stato decisamente il Cinema Teatro Nuovo di San Michele Extra (il nome non è casuale), dove per due fine settimana si sono tenute svariate proiezioni: 1 pellicola cult introduttiva, 6 lungometraggi e 4 corti in lingua originale, che essendo un locale ho avuto il piacere prima di vedere in gran parte, e poi scriverne (senza spoiler), anche per fare pubblicità a questo esperimento tirato su praticamente da soli appassionati della mia amata città. Ma perché dovrei introdurvelo io, quando potrebbe farlo un organizzatore in persona? Per questa speciale occasione infatti mi sono improvvisato reporter, grazie mille quindi a Marco Triolo aka George Rohmer, redattore dei 400 Calci che mi ha gentilmente assecondato in questa intervista, a cui vi lascio senza indugi.


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- Questa è una prima edizione, com’è che nasce un festival dal nulla, praticamente senza sponsor, per passione?

- L’idea iniziale era di Emanuele (Del Medico, organizzatore, ndr), anche lui appassionato di cinema di genere, di cinema di fantascienza, lettore dei 400 Calci… alla Sobilla, dove c’è stata la presentazione del volume di Zattera, vicino a piazza Santa Toscana, si trova questo circolo dove lui faceva parte del direttivo, avevamo fatto le presentazioni dei libri di 400 Calci ad esempio, ci ha invitati lui anni fa. Per cui quando gli è venuta questa idea lui mi ha tirato dentro, voleva vedere se era possibile una partnership coi 400 Calci, che poi come vedi c’è stata, c’è anche il logo. Allora, la sua idea era quella di fare un festival di fantascienza a Verona e partire dal Trieste Science+Fiction, perché lui da fan del cinema di fantascienza è andato più volte là a vedere i film del festival e gli è venuta questa idea di portarne un pezzo qua. Quindi semplicemente abbiamo contattato Trieste, io poi conoscevo uno degli organizzatori, per cui li abbiamo sentiti, si sono dimostrati subito interessati, abbiamo avuto diversi incontri su Zoom per definire le cose; ad un certo punto gli abbiamo chiesto se erano interessati a darci proprio il loro marchio, fare una cosa ufficiale, proprio una costola del festival, e da lì abbiamo iniziato a selezionare i film, che di fatto sono una selezione della loro selezione.

- In questa selezione vi hanno dato una certa libertà di scelta?
- Sì, poi noi ci siamo dati dei paletti, abbiamo cercato robe che non fossero proprio le più diffuse: ovviamente abbiamo fatto tre film dell’ultima edizione di novembre, era più facile che non fossero usciti, mentre quelli più vecchi, i pomeridiani presi dalle edizioni precedenti, alcuni erano effettivamente già usciti sulle piattaforme streaming… magari non al cinema, ma giravano già, anche da scaricare illegalmente. L’eccezione è stato un po’ Extra Ordinary, il film da cui è partito tutto, si è cominciato subito a parlare di quello lì, di quanto era figo, aveva vinto dei premi, nel 2019 mi pare, Emanuele lo voleva fare assolutamente, quindi è il film da cui è partito un po’ tutto. Quello si trovava, ma non è stato distribuito in Italia… Per quanto riguarda fare tutto questo senza gente che ti dà budget, siamo un gruppo di persone che ha già organizzato altri eventi, sapevamo come muoverci, avevamo un po’ di sponsor che ci hanno dato una mano economicamente.

- E proprio a Verona perché? Avete trovato disponibilità al cinema?
- Emanuele non è veronese ma vive qua, per il resto siamo tutti veronesi, quindi l’idea era proprio quella di farlo qui… il cinema è stato tirato dentro da subito, fin dalle prime riunioni, anzi mi sa che la prima l’abbiamo fatta proprio qui. Era già parte del progetto, poiché il Cinema Nuovo fa da sempre rassegne, quindi era il posto adatto.

- Stavo pensando, guardando il film introduttivo, La Cosa, quello è film in un certo senso d’intrattenimento ma dal contenuto molto politico, e che all’epoca non sarebbe stato presentato in nessun festival; oggi lo introduce. È anche un tentativo, questo Extra sci-fi, di unire lo spettatore che cerca l’intrattenimento a quello da festival?
- Guarda, non so se lo definirei così, anche perché col coinvolgimento dei 400 Calci, noi come sito non riteniamo che il cinema di genere debba presentarsi in maniera più elevata per ottenere riconoscimento (…) il punto dei 400 Calci è che il cinema di genere, l’action, l’horror, eccetera, ha la stessa dignità del cinema d’autore. Cioè, il cinema d’autore è un’espressione fondamentalmente inventata: ci sono autori che hanno lavorato solo di generi, Kubrick ha fatto solo film di genere. Cinema d’autore è un po’ un cappello, diciamo, comodo, per includere tutti quei film che non sai bene come definirli, hanno certi tratti caratteristici ma non sono di genere. Quindi per me, ma anche per gli altri, non è che un film debba essere confezionato in un certo modo per poter ottenere pari dignità rispetto al cinema alto: per me comunque, il cinema è tutto su un unico livello. C’è un’espressione di Edgar Wright, segnata anche nel nostro primo libro, che “non esistono film belli o brutti, ma solo film noiosi o non noiosi”. Quindi no, non ci interessava unire pubblici, semplicemente siamo appassionati di fantascienza, volevamo proporre fantascienza. La fantascienza parla da sé, a seconda della sensibilità un autore può farla smaccatamente pulp, edulcorata, più d’autore come “The trouble with being born”, l’importante, ciò che divide la vera fantascienza da quella solo di messa in scena è che la fantascienza deve parlare dell’oggi.

- E del domani, possibilmente.
- Usa il domani per parlare dell’oggi, o comunque delle prospettive che abbiamo, tendenzialmente da sempre parla della società umana attraverso l’uso di metafore. La saga di Transformers è fantascienza visivamente, per le caratteristiche superficiali, ma in realtà non lo è nel senso che non fa un discorso, sono robot che si picchiano, altro tipo di cinema.

- La fantascienza è il contenuto e non il vestito insomma?
- Esatto, delle volte la fantascienza, come nel film di oggi pomeriggio (The trouble with being born, film tedesco che mi sono perso ma so essere attualmente recuperabile su Mubi, ndr), è qualcosa che non ha effetti visivi praticamente, ma il concetto comunque è fantascientifico. Abbiamo fatto questo sperando di intercettare un pubblico che questo tipo di cinema l’apprezza, e mi pare sia andata proprio così.

- A proposito di questo, mi hai detto di essere abbastanza soddisfatto di questa esperienza. C’è qualcosa, immaginando puntiate a tornare il prossimo anno, che sperate, che volete cambiare, aspettative?
- Forse rivedremo alcune cose, non sappiamo se fare esattamente come quest’anno, con un film introduttivo nel weekend e le proiezioni quello dopo, o spalmare su due fine settimana le proiezioni, comunque vedremo, l’idea è ovviamente sì, di tornare con un’altra edizione.

- Come ultima domanda, per selezionarli avrai immagino visionato tutti i film, hai un preferito, qualcuno che ti ha particolarmente colpito?
- Beh, Extra Ordinary, che poi è quello meno fantascientifico di tutti, e mi è piaciuto molto anche Lapsis, perché quel tipo di cinema lì mi piace, più cerebrale, magari più difficile ad una prima visione, ma che si fa rivedere. Poi c’è un discorso politico, è un film molto interessante, di quel genere, come Primer, basato su idee difficili ma che ti restano.

Ancora grazie a Marco per avermi concesso questa interessante chiacchierata, ora passiamo alle mie, come sempre, soggettive opinioni sulla selezione.

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Sins of a werewolf



Corto irlandese, curiosa scelta come introduzione al festival, specie appaiato al cult di John Carpenter, forse per la presenza della “creatura”, in questo caso un lupo mannaro. Un licantropo chiamato Banshee (un po’ ridondante no? E poi chiamato da chi?) infesta la parrocchia di un giovane prete, che dopo esserne stato vittima (leggasi: viene morso sulle chiappe) inizia a sua volta a mietere vittime col chiaro di luna, fino all’intervento delle prostitute più linde e pulite mai viste su grande schermo. Ora, Sins of a werewolf è pure simpatico a tratti - migliore battuta del film, dopo che il prete-licantropo ha letteralmente staccato un pene a morsi: “Oh mio Dio, sono omosessuale?” - ma veramente troppo incasinato, considerato pure che dura appena una ventina di minuti. Perché il licantropo dopo aver colpito, ovviamente in una scena montata malissimo per nascondere il pupazzone, non si vedrà mai più? Cosa ci facevano tre prostitute in mezzo alla brughiera di notte? Perché sprecare un’idea carina in “attacchi” alla chiesa all’acqua di rose? Ma soprattutto, perché mi faccio queste domande e non dedico invece più tempo alla Cosa?


La Cosa



So bene di essere l’ultimo arrivato su questo grande film, ma dopo averlo finalmente visto sul grande schermo, in lingua inglese, non posso esimermi: sono passati quarant’anni da quando il capolavoro assoluto di John Carpenter ha cambiato l’horror, in barba a chi l’osteggiò ai tempi, e va festeggiato per quanto trite possano essere le celebrazioni. Questa visione è stato il traino per partecipare al festival vero e proprio, poiché La Cosa è il mio film di paura preferito di tutti i tempi, ed è qui, lontano dalle mie solite dietrologie, che vorrei riportarlo: alla paura. Spogliato dal suo contesto politico, molto forte come in tutto il cinema di Carpenter, spogliato dalla disastrosa concorrenza con E.T., spogliato di tutto, rimane un film che ancora oggi incute timore, spaventa. La Cosa fa uscire dalla sala scoraggiati e paranoidi, come dovrebbe fare ogni buon horror. Molto è pura costruzione, senza i giustamente celebrati effetti speciali prostetici, forse i più efficaci mai visti nel cinema tutto, puro sfruttamento delle normali paure di tutti, l’ignoto, l’isolamento, la sensazione di non potersi fidare del proprio prossimo. Ci sono pochi bagliori di speranza, qualche sorriso a denti stretti, più che altro per la presenza di Kurt Russell, perché, beh, lui è Kurt Russell appunto, l’unico di cui lo spettatore veramente si fida, l’attore feticcio del regista qui nel ruolo dell’ennesimo antieroe in una lotta disperata. Ancora non si contano i brividi, quando partono le note cupe di Morricone, quando le pance si aprono e il sangue grida, quando un cane apparentemente innocuo è inseguito da un norvegese che urla come impazzito, quando c’è quel finale. Solo uno dei due emette fiato, in quella eterna notte antartica. Ti fa veramente interrogare, nel caldo della sala, chi siede veramente in fianco a te.


The exit plan



Corto anglo-australiano, e si sente dalle affascinanti voci senili ma dignitose, strascicate ma impeccabilmente inglesi, con una premessa molto interessante e un grande problema. Il “piano di congedo” è una legge di un futuro dalle risorse limitate, secondo il quale gli over 80 senza parenti che badino a loro devono lasciare spazio alle nuove generazioni “ritirandosi”, ovvero morire. Idea davvero interessante, che urla “fatemi diventare un lungometraggio!”, si presenta persino col classico testo all’inizio, svolge tutte le premesse con diligenza, e in 15 minuti deve frettolosamente chiudere su sfondo a nero. Peccato, davvero peccato, perché questo confronto psicologico - e poi fisico, in un momento che mi ha fatto genuinamente saltare sulla poltrona – tra la vecchietta bianca senza tempo da perdere e il giovane burocrate nero odioso ma non cattivo già rimandava una versione futuristica a pelli invertite della scarcerazione di Red, nell’indimenticabile Le Ali della Libertà. Solo che invece di un Morgan Freeman mostruoso che parla di parole inventate dai politici per creare un lavoro, abbiamo una svolta finale bella ma caduta dalle nuvole. Se è vero che al cinema il meno è più, questa è l’eccezione che conferma la regola.


Flashback



Questa era una delle visioni che m’intrigava e mi respingeva più allo stesso tempo dell’Extra sci-fi: basta guardare la locandina, o leggere una sinossi, e sembra di essere tornati in sala negli anni ’90. Può essere nel bene, può essere nel male, qui è… nel mezzo. Come è diviso nel mezzo il film, un thriller a volte “acido” (nel senso, con le droghe, le percezioni deviate della realtà, le luci stroboscopiche), con protagonista tale Fred, un uomo qualunque improvvisamente tormentato dai ricordi di Cindy, la ragazza di cui era innamorato al liceo e misteriosamente scomparsa prima del diploma. La narrazione, almeno nella prima parte, è brillantemente gestita: transizioni a volte davvero creative portano lo spettatore nel presente, alle indagini di questo protagonista alienato, e nel passato, ai ricordi dei tempi di scuola, escamotage che effettivamente consente di ambientare parte del film nella decade simbolica. Mano a mano che procede purtroppo il film perde pezzi, come gli ex compagni di scuola di Fred, che ad un certo punto usciranno dalla storia senza spiegazione; le rivelazioni si confondono, c’è una svolta emotiva con la madre del protagonista (una specie di Toni Collette del discount) totalmente sottosviluppata e senza mordente. In buona parte il regista ha comunque portato a casa l’opera, merito di due bravi protagonisti; specialmente lei, una Maika Monroe capace persino di rischiarare il per me deludente It Follows, qui perfetta nella parte della classica ragazza un po’ emo di cui t’innamori alle superiori. E che potrebbe non essere la ragazza della vita, come spiega il lodevole messaggio finale, spinto verso una crescita e non un infinito viaggio senza scopi.


Extra Ordinary



Ecco, anche qui siamo ampiamente nella zona revival degli anni pre-2000, ma rispetto a Flashback questo è un pieno centro, bello rosso come la locandina o come il sangue che non manca e fa sempre piacere. Siamo in Irlanda stavolta, in un piccolo paesino pieno di gente assurda, istruttrici di guida che vedono i fantasmi, padri di famiglia tormentati da consorti decedute, cantanti rock senza talento e satanisti. Tutti personaggi a loro modo adorabili, persino i cattivi da quanto sono bizzarri e divertenti, come fossero i protagonisti cresciuti di un Piccoli Brividi. Qui il cuore è davvero al posto giusto, specie nella coppia che traina il film, Rose Dooley e Martin Martin (viene da ridere e intenerirsi solo a leggerli), non fisicamente prestanti, non persone perfette, solo due esseri umani con piccoli egoismi e idiosincrasie, che si incontrano e funzionano bene fin da subito, specie nel far ridere con quell’umorismo britannico meravigliosamente surreale, qui in salsa celtica. Ma menzione d’onore per tutti i caratteristi, dalle parenti dei protagonisti, ai vecchietti del paesino, il defunto spiritista (meravigliosa voce, che sentiremo praticamente solo su nostalgiche videocassette), l’assurda coppia di cantanti sulla strada dell’oblio, tutti meravigliosi. E poi, mi ripeto, questa è una commedia nera/horror e si ride veramente a crepapelle. L’orologio a cucù killer, la volpe scambiata per demonio, la posseduta ai due all’ora trascinata per la gamba, l’immancabile citazione all’Esorcista, la gag dell’asporto cinese, il salvataggio sessuale dal satanasso (“potrò dire che la mia prima volta è stato un rapporto a tre!”), battute a pioggia che vanno a segno quasi sempre. Meritevole di citazione a parte il bastone-pene che trova le vergini ma ti fa apparire un completo idiota, che mi ha fatto venire le lacrime agli occhi, e dio solo sa quanto abbiamo bisogno di ridere in questo periodo. Certo, potrebbero essere troppo volgari per alcune bocche, i colpi di scena sono telefonatissimi e c’è una seconda parte a tratti affrettata, ma lo dico senza mezzi termini: chissene frega. I pochi difetti non inficiano affatto la godibilità di questo film straordinario – anzi Stra Ordinario -, quindi appena potete godetevelo fino alla fine, che è pure una delle conclusioni a sorpresa migliori in anni recenti.


The dead collectors



Un’altra commedia nera horror, stavolta però dal lato sbagliato delle Isole Britanniche. Oh, sarà un’impressione mia ma da quando c’è stata la Brexit il cinema inglese non ne ha più tirata fuori una mezza giusta, e questo corto non fa eccezione. L’idea è anche intelligente, specie perché ne vediamo le conseguenze e non gli antefatti, di questo mondo dove i morti possono risvegliarsi come zombie, e allora tocca a questa agenzia governativa, in spregio a qualunque sensibilità dei parenti, essere lì, pronti a bucare le teste dei morti e sbarazzarsene. Il problema è che non si ride affatto, il tono vorrebbe essere caustico, ma diversamente da Extra Ordinary non esiste un solo personaggio con cui empatizzare e che ti alleggerisca il cattivo gusto della situazione. Alla fine sono dieci minuti senza infamia e senza lode, tranquillamente evitabili.


Witch Hunt



Guardate questa locandina, e ditemi quanto è brutta. Davanti ad una roba così non sono prevenuto, su, è istigazione. Fortunatamente il film non è sguaiato come pensavo, in compenso una selezionata ignoranza sta proprio lì dove m’aspettavo di trovarla. America alternativa di oggi (leggasi secondo mandato di Trump), la stregoneria esiste e viene repressa costituzionalmente. Ecco, partiamo da questo assunto: totalmente ridicolo, non c’è dubbio. Ci si può convivere? Se lo si vede come un divertimento, un valore aggiuntivo per chi ama il pulp, sarei tentato di dire di sì. Tolti gli effetti speciali orribili che ci investono fin dalla prima scena è bello vedere reinterpretate le classiche “prove” di stregoneria, il sale, l’affogamento, i capelli rossi, i roghi… bocciato però il cacciatore, che dovrebbe portare avanti una tradizione di secoli di lotta alle fattucchiere e si fa fregare come un dilettante, senza contare quella cosa del barometro da taschino, che indica magia anche dove non se n’è mai fatta. Ma d’altronde questo è un film pieno di errori, il più pacchiano dei quali la Croce del Sud, costellazione realmente esistente, simbolo dell’Emisfero Australe, visibile alle protagoniste nel cielo della California (!), che ti fa sentire proprio il classico spocchioso europeo davanti al becero cugino americano. Spezzando una lancia in favore di questo film, gli va riconosciuto in realtà di saper essere, quando non ti bombarda con fastidiosi jumpscares, decisamente garbato con lo spettatore, poiché ben recitato, bello visivamente, ben strumentato, ben ritmato. Bisogna certo convivere con un elefante nella stanza detto “politica”, la pretesa di paragonare una presidenza populista a un’America sotto la lente del nazismo fantasy, un mondo dove se sei un maschio bianco non puoi essere un personaggio positivo, compresi i fratellini della protagonista, avviati a diventare dei soldatini del sistema maschilista e pregiudiziale persino in una casa progressista come la loro. Per fortuna molto del tempo è speso piuttosto nella storia di formazione di questa ragazza che si ritrova due giovani streghe in casa, molto più coerente del resto sebbene abbastanza prevedibile. Quando la pellicola rimane su questi binari, non urla troppo e sempre i suoi concetti, dimostra anzi di saper raccontare con eleganza: non un film degno del rogo insomma, quanto di parecchie alzate di sopracciglia.


Toto



L’ho detto altre volte, la bellezza dei festival è la sorpresa, vedere qualcosa che mai avresti cercato e trovarci l’inaspettato. Sono veramente contento che valga per Toto, la cui locandina niente mi diceva e si è rivelato invece il corto migliore della selezione, un lavoro che porta finalmente un pezzetto d’Italia in questi miei pezzi, grazie a questo regista nostrano lavorante in Canada. La protagonista è un’adorabile vecchietta italo-americana, che riceve due cose in una giornata: la nipotina in visita, tutta gioventù e tecnologia, quindi non proprio in vena di passare il tempo con la nonna; ma soprattutto Toto, un robot domestico che è un po’ un incrocio tra quello di Big Hero 6 e il suo quasi omonimo Totoro, bianco come il primo e adorabile come il gigantesco procione miyazakiano. Parliamo di un robot veramente originale, agli antipodi di una macchina ultratecnologica, liscia e pratica: Toto appare morbido e spigoloso, si carica con vecchi spinotti, ha il fascino della tecnologia analogica. E sono veramente fantastiche le interazioni con la vecchia e la bambina, dolci, simpatiche ma anche piagate dal gap generazionale tra le due. Specie con la prima poi, è tutto un enorme tributo all’Italia casalinga, fatto di umorismo semplice, racconti dei tempi andati, cibo fatto in casa. Insomma, Toto mi ha soddisfatto, come poche cose in questo festival, la testa, il cuore e la vista: applausi a tutti i coinvolti.


Warning



A concludere l’Extra sci-fi, una bizzarria polacco-americana, film a episodi sui rischi del futuro prossimo, con un cast che eclettico è dire poco. Ecco, dicendo “a episodi” mento in parte, visto che sono tutti più o meno collegati da piccoli dettagli, nonché – strana scelta questa – mischiati tra loro nel montaggio, cioè potresti trovare il finale di un episodio dopo l’inizio del successivo. Una volta ricomposti i pezzi non cambia molto, quindi li racconterò e basta: 1) In un deposito per androidi il responsabile non riesce a dare via un vecchio modello, interpretato da un Rupert Everett irriconoscibile. Assolutamente inutile, non fa ridere, non commuove, non ha idee interessanti, non vale neanche la pena parlarne. 2) Annabelle Wallis, discreta attrice con una pessima carriera (ancora ho i brividi per La Mummia, e non di terrore), interpreta una ragazza fidanzatasi con un immortale, una nuova classe sociale del futuro, che viene portata a conoscerne la famiglia. Premessa interessante che apre la strada a una buona critica, forse non totalmente sfruttata, visto che lei non sembra mai particolarmente a disagio o in pericolo, ma con un finale sufficientemente cattivo. 3) Una giovane donna vive le sue giornate scandite dalla voce di Dio, qui letteralmente preso, messo in scatola e venduto al miglior offerente. È nettamente il segmento migliore, con un’idea assolutamente vincente e stavolta sfruttata al 100%, capace di far ridere parecchio (i peccati giornalieri, la Santa Sede versione Apple Store) ma anche inquietare (il Dio 2.0 molto più subdolo e restrittivo) e far pensare (l’incapacità di accettare il silenzio in risposta alla preghiera). Promosso a pieni voti. 4) Una misteriosa figura in ombra spia la relazione di due ragazzi, che cominciano a sentirsi braccati. Grandi potenzialità sprecate qui, che bloccano i discorsi sui limiti della realtà virtuale e il voyeurismo con dialoghi poco interessanti, recitazione non eccelsa e un finale monco. 5) Una ragazza bisognosa di soldi e un uomo insoddisfatto si incontrano in un albergo per fare uno “scambio di pelle”, cioè permettere a lui di vivere nel corpo di lei per 48 ore. Probabilmente il mio secondo segmento preferito sia per realizzazione che concept - comunque due spanne sotto a quello sul Dio in scatola -, perfetto per mettere in scena una storia dove quello che può andare storto andrà storto. Forse rimangono un po’ confuse le motivazioni di lui, ma nonostante tutto il corto raggiunge il suo obiettivo moralistico, in un finale giustamente crudele. 6) Non c’è una vera sesta storia, ma una sorta di cornice che lega inizio e fine di Warning, cioè la presenza di un astronauta, disperso nello spazio sopra la Terra e senza possibilità di ritorno. Ah, dimenticavo di dirlo, gli effetti speciali a parte un paio di scene sono decisamente promossi, probabilmente anche perché si è risparmiato con qualche furbizia dove possibile, tenendo il ricorso al digitale al minimo. Comunque, cornice che tiene a malapena legato il film, ma piacevole e persino a tratti toccante, con certi effetti ottimi (la tempesta rossa ch’egli vede abbattersi sul pianeta). Nel complesso non un film straordinario, anzi, ma comunque leggero, anche per la contenuta durata di 80 minuti, che scorrono via senza tedio: una visione gliela si può dare volentieri.

Qui finisce la mia lunghissima cavalcata a ritroso di due weekend, che sono stati stancanti e promettenti, a volte deludenti e spesso euforici, ma soprattutto meritevoli di sostegno come ogni tentativo di portare cinema di qualità (e anche cultura in generale, perché no), specie nei luoghi relativamente periferici rispetto alle grandi calamite cinematografiche. Se avete letto vi ringrazio, e nella speranza del prossimo anno, dall’Extra sci-fi festival di Verona, edizione prima, passo e chiudo.



13 commenti:

  1. Davvero interessante la scelta dei titoli presentati al Festival e sempre accattivanti le tue recensioni, spero sia la prima di una serie di edizioni e magari il prossimo anno un salto a Verona lo faccio anch'io. Se ricordo bene Extra ordinary l'ho visto disponibile su MYmovies One, vado a controllare. Grazie!

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    1. Ciao marang, è sempre un piacere ritrovare i tuoi gentili commenti :) sono contento ti abbia interessato, questa edizione sembra pure essere andata bene quindi forse ne faranno altre, più grandi e più belle, e speriamo di esserne entrambi avventori ;)
      dai, non sapevo si trovasse Extra Ordinary, avevo guardato per sicurezza su JustWatch ma mi dava solo siti a pagamento... ti consiglio caldamente di vederlo, io l'ho adorato e lo sto consigliando ovunque possa haha

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    2. Infatti ė a pagamento su Sci-Fi Club, lo spazio curato dal Trieste Science Festival,ricco di contenuti, sulla piattaforma MYmovies One. Costo mensile 5.90, rinnovo automatico, disdici quando ti pare. Giuro che MYmovies non mi dà una lira 😁

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    3. Invece dovrebbe, come al solito Roberto sei il più utile e informato di tutti qui :,)

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    4. Non so perché ho scritto Roberto, credo nella fretta di aver letto il nickname Robrzf invece che marang. Sono esaurito dalle lezioni universitarie, credo di aver bisogno di tornare a riposare nella grotta prima di scrivere altre castronerie :,D

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    5. Ahah, bastava guardavi o ingrandivi l'avatar per vedere che, al massimo, poteva esse Roberta ;)

      è Angela Martino, te lo dico nel caso vi rincrociate ;)

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    6. Va be' non sono Roberto ma resto utile 😅😅😅
      P.S. Giuseppe arrivo a breve con le altre segnalazioni, sto procedendo lenta ma vado avanti, comunque c'è ne sono sempre meno ;-)

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    7. grande!

      e io conto di cominciare a rammendare quanto prima ;)

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  3. Che bello questo articolo e che bella esperienza che hai fatto.
    Chissà che questo festival prenda il volo e diventi un appuntamento costante negli anni futuri.
    Tra i corti che hai presentato mi prendono un po’ tutti.
    Di più Extra Ordinary.
    Chissà di riuscire a vederne qualcuno in qualche maniera.
    Ciao Enrico

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    1. Puoi dirlo forte Max, le esperienze migliori si trovano sempre in mezzo agli appassionati ;)
      Speriamo davvero che diventi un appuntamento annuale, il sentore di scoperta che si respira ai festival l'ho trovato anche lì, quindi sono certamente sulla buona strada.
      Mi fa piacere di averti intrigato con i corti, prima o poi potrebbero metterli in domino pubblico, per quando accadrà ti consiglio Toto che merita davvero.
      Ciao Max, sempre un piacere sentirti :)

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  4. Che bello, un festival nato quasi dal nulla che propone film e corti così interessanti, è davvero un'ispirazione! Grazie Enrico per questa bella intervista, ottima presentazione e utilissime recensioni, ora vado in cerca di Toto: posso farlo vedere ai bambini secondo te? Sono in pieno periodo Wall-E e vorrei approfittarne :)

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    1. Madame, è veramente un piacere sentirti qui, grazie a te per tutti i complimenti :) se trovi Toto ti avverto solo che è parlato in parte in inglese (molto basico, e comunque poco essendo un corto), per il resto è perfetto per i bambini, dolce, simpatico, con un robot adorabile e una bambina co-protagonista, direi non potrebbe andare meglio di così ;)

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