18.2.20

Recensione: "Heaven knows what"


Prima di Uncut Gems e Good Time i fratelli Safdie avevano già girato parecchia roba.
Come questo Heaven knows what, il loro terz'ultimo film, il racconto di vite perse nella dipendenza dalle droghe e dagli altri.
Un film che è quasi documentario (la protagonista ha vissuto veramente quelle cose) ma che ha già dentro alcune caratteristiche del cinema debordante, pop e sfrenato che i fratelli intraprenderanno poi.
Ne nasce un prodotto ibrido che rischia di non convincere appieno nè chi sperava in un nuovo Amore Tossico nè chi si aspettava un acerbo Good Time.
Da vedere, da apprezzare, ma il meglio dei registi è venuto sicuramente dopo

Dopo aver visto gli splendidi Uncut Gems e Good Time era quasi doveroso intraprendere un cammino a ritroso nella carriera dei fratelli Safdie.
Anche perchè di roba ne avevano già girata parecchia.
Ecco così che mi è arrivato tra le mani il loro terz'ultimo film, quello appena prima di Good Time.
Il titolo, il soggetto (amo le storie di degrado e dipendenza) e il fatto che l'avessero girato loro mi aveva creato grandi aspettative, aspettative che purtroppo sono state ripagate solo in parte.
Sì perchè questo "Heaven knows what" bel film lo è, di certo, ma sia come linguaggio cinematografico che come scrittura non mi ha sembrato avere quel marchio safdiano che speravo.
Poi mi sono accorto che prima di questo film i fratelli avevano girato due documentari (non mi sono informato su cosa, scusate) e quindi è evidentissimo come questo film abbia rappresentato per loro l'anello di congiunzione, il rito di passaggio tra un modo di fare cinema (quello realista) e un altro (quello di adesso).
Ed è proprio in questo esser ibrido che, secondo me, Heavens knows what mostra un pochino il fianco.
Perchè la storia che racconta è di grande verità e impatto (ho saputo poi che l'attrice del film non solo ha vissuto veramente quello che vediamo ma è addirittura l'autrice del libro da cui il film è stato tratto), una storia di grandissimo realismo insomma, però già con qualche safdianata, con qualche anticipazione di quello che diventerà poi il loro modo di girare.


Ne nasce un prodotto che non è nè un pugno nello stomaco come poteva essere il nostro Amore Tossico di Caligari nè un film di fiction vero e proprio. Insomma, un documentario "cinematografizzato" che fa perdere un pochino di potenza all'aspetto realistico del film e al tempo stesso non è un film vero e proprio, per via di una non sceneggiatura che rifugge da qualsiasi regola di costruzione di un plot per immergerci in uno spaccato di vita vissuta in cui può accadere tutto e niente.
Quindi il Giuseppe che si aspettava turning point ed eventi significativi restava deluso nel non trovarli mentre il Giuseppe che adora i documentari non riusciva ad immergersi completamente nella verità del film, a causa di quello che poi renderà grandissimi i Safdie, ovvero l'uso straniante e debordante di alcune colonne sonore, il loro costruire inquadrature e movimenti di macchina quasi "agonistici", il loro sapere rendere impressionante cinema anche le cose di vita più banali.
Detto questo il film è bello, recitato benissimo (cazzo, c'era il "mio" Landry Jones e non lo sapevo, ma anche l'altro attore - che poi troveremo in Good Time - è fortissimo) e riesce abbastanza bene, se non bene, a restituire il dolore, il degrado, il mal di vivere e l'apnea di certe esistenze.
Anche se, altro piccolo difetto, film nel 2014 che raccontano ancora questa storie senza metterci niente di proprio o di originale rischiano di essere sotterrati e dimenticati sotto le dozzine di film simili che vediamo da circa 30 anni.
Per questo, pur essendo tecnicamente ancora inferiore, preferisco di gran lunga pellicole come il Lowlife di Seth Smith, film che racconta la dipendenza attraverso metafore e "mostri" mentali.
Il film in realtà inizia in maniera molto "newsafdiana" con una colonna sonora che ricorda molto gli ultimi due film e quel loro modo di seguire le persone negli spazi quasi unico, con la macchina da presa che più che seguirli fisicamente lo fa attraverso panoramiche e movimenti molto particolari, quasi a perlustrare gli interni.
Il primo incontro tra lei e lui è molto bello, e in 3 minuti ci racconta già una coppia e due personalità, con lui che quasi se ne frega di lei che annuncia il suicidio perchè tanto sa che è solo un modo per non perderlo, per farlo sentire in colpa e dargli dipendenza.
Poi, in realtà, quel tentativo di suicidio ci sarà ma più che prova d'amore sarà solo gesto immaturo e disperato di una ragazza non lucida, che si sta buttando via e che non regge le pressioni.

Cavolo, questi primi 10 minuti mi avevano davvero lasciato ben sperare, riconoscevo i fratelli e in più il film aveva preso subito una piega ben precisa, quasi un inizio in medias res.
Poi, però, contravvenendo ad ogni regola di scrittura, il film, dopo un incipit fiammeggiante, si stabilizzerà in un'ora di nulla, di gesti sempre uguali e reiterati, di personaggi che si muovono a caso, compaiono e scompaiono, un "non film" che può affascinare ma, anche - e con me è successo - annoiare non poco.
Ma già noteremo alcune caratteristiche peculiari di Good Time ed Uncut Gems come ad esempio l'overtalking (il parlarsi sopra dei personaggi), la magnifica capacità di saper scegliere i volti da parte dei due registi e quel loro seguire gli stessi personaggi per strada, vero marchio di fabbrica.


Ne nasce un film, appunto, di strada che mi ha fatto pensare moltissimo al Tangerine di Baker e non solo per il soggetto ma anche per questo suo essere inferiore ai due film successivi (Starlet e Florida Project per Baker) ma avere comunque già dentro tante delle tematiche e del modo di raccontare dei registi che verranno.
Però nel film di Baker ho percepito (probabilmente sbagliando) più amore per i propri personaggi e un miglior racconto delle vicende.
Forse lì c'era addirittura ancora più forte la sensazione che il film andasse "a caso" per conto proprio ma l'ho trovato più fluido e coinvolgente.
Se devo scegliere 3 momenti che mi sono davvero piaciuti molto sono uno il dialogo su "le 4 dosi subito o le 2 + 2", davvero bellissimo per come sa ben raccontare alcune surreali e inspiegabili discussioni che si hanno in questi stati mentali e fisici, un altro quel lancio del telefono di Ilya che diventa un fuoco d'artificio (immagine bellissima, irreale e poetica) e soprattutto quel cercare di mettere il filo nell'ago da parte di Harley, istantanea perfetta di una condizione, un qualcosa al tempo stesso di lucidissimo e alterato, quasi come il celeberrimo "pasto nudo" di Burroughsiana memoria.
Per il resto il film vacilla come i suoi personaggi, si barcamena, vaga senza una meta e senza una scrittura, ha scene e rapporti tra i personaggi che non convincono troppo, arriva ad un finale drammaticissimo che sembra buttato lì.
Di film su rapporti malati, dipendenze, droghe ed esistenze perdute ne ho visti sicuramente di migliori.
Non lo so, mi aspettavo di più

6.5


4 commenti:

  1. io amo i un documentari "cinematografizzati" (che bella definizione), le tematiche sulle dipendenze in genere, le storie di vita vissuta, anche se c'è il rischio che non succeda quasi nulla per 2 ore di film, attendevo con ansia (termine non a caso) di vedere questo lavoro dei Safdie. Anche per il fatto che è tratto dal libro scritto dalla protagonista, che tra l'altro hanno incontrato mentre erano in giro per new york a fare sopralluoghi per quella che sarà poi la loro ultima fatica "uncut gems".
    però confermo che non è quel filmone che mi aspettavo, gira troppo su sè stesso, troppo scene reiterate. stesse impressioni che hai avuto tu. Se lo conosci ringrazia anche da parte mia Horror pills per i sottotitoli;) buon cinema Giuseppe.
    ps: vado subito a cercare amore tossico, che non ho visto O_O

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    1. sì sì, ma anche io amo tutto quello che dici, solo che stavolta c'è qualcosa che non mi ha convinto e annoiato

      ad esempio c'è Lousiana di Minervini che è una cosa simile (molto più documentario però) e mi è piaciut molto benchè anche quello racconta quasi il nulla (ossia, la vita che accade, chiamala nulla...)

      le cose riguardo la protagonista le ho intraviste nel guardaroba ma ancora non ho letto nulla
      ammetto che la cosa è molto interessante e forse meno male che l'ho saputo per sbaglio, altrimenti mi sarebbe piaciuto anche un filo meno ;)

      buoni i sottititoli eh, a parte "apposto" che molti sbagliano a scrivere

      guarda, li conosco poco, è un sito benemerito che non so nemmeno se esista più

      però le loro recensioni ai film che mettevano erano davvero da mani nei capelli, sembravano scritte da 15enni (e magari lo erano davvero)

      ricordo che loro è anche PVC-1, poi non so se altri...

      grazie!

      beh, amore tossico è il non plus ultra del cinema verità, tra l'altro morirono gran parte dei protagonisti in pochi anni

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  2. ah guarda io i subber li farei santi subito! tutti, anche se non sanno scrivere le recez, anche se fanno degli errori di ortografia. tra l'altro guardare film con i sottotitolo è anche un buon esercizio, mi sto rendendo conto che capisco sempre di più quello che dicono gli attori. se poi sono inglesi capisco moltissimo. qui è stato più difficile perchè sono americani e parlano anche in slang, però dai piano piano:)
    ehhh purtroppo leggendo ed ascoltando cose su uncut gems sono venuta a conoscenza di tutti i retroscena di heaven... ammetto che sapere tutto subito ha influito non poco sul mio giudizio a fine visione. come dici sempre tu, meno si sa meglio è;)

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    1. io invece no, chi fa i sub tanto per farsi vedere, magari con i traduttori automatici e vedendo a malapena i film (o manco quello...) per me distrugge sta "professione"

      no, ma le recensioni figurati, quelle non contano niente, lo dicevo per curiosità riguardo quel sito (che sembra bellissimo poi davvero, leggevi alcune recensioni ed erano disastrose)

      per il resto vedere in lingua è molto meglio del doppiato, c'è poco da fare ;)

      sì sì, sapere sempre meno possibile, poi invece, se si vuole , leggere di tutto ;)

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