Amo il tennis da morire.
Sono un gran conoscitore di tutta la sua storia e del suo presente (ad esempio conosco a menadito i primi 200 del mondo).
C'ho giocato pure tanti anni, vincendo tante partite, qualche torneino, ma non essendo mai minimamente un giocatore forte.
L'ho pure insegnato per 8 anni, ai bimbi, sia perchè non avrei potuto insegnarlo (so i miei limiti) a giocatori già forti sia perchè credo che ai bimbi piacessi molto, anche solo per il divertimento che gli davo e per il timido tentativo di insegnargli dei valori.
Dopo tutto questo preambolo posso dire che nessun film nella storia del cinema racconta meglio il mondo del tennis di questo bel film su Netflix, Il Quinto Set.
Lo racconta così bene, fuori e dentro il campo, che questo è forse un suo limite, diventa un film principalmente per appassionati che rischia di annoiare o far capire poco a tutti gli altri.
Insomma, non posso consigliarlo a tutti.
Ma la storia di Thomas Edison, un tennista che a soli 19 anni arrivò a un passo (veramente un passo, non c'è niente di più simbolico ed esistenziale del match point a tennis) dal Paradiso e, non avendolo raggiunto, se ne allontanerà per sempre, è una storia bellissima, verosimile, psicologicamente perfetta.
Una storia di aspettative ormai morte, di impossibili rinascite, di riscatto, di castrazioni, di fatica a portare avanti una passione, di nuove emozioni, di match point persi.
Se avete amato The Wrestler troverete tante similitudini (anche se il film di Aronofsky resta ampiamente sopra, per me è un capolavoro quello).
Per parlarne ho dovuto anche raccontare un pò di me.
Ma tanto lo faccio sempre.
Conosco il tennis come poche altre cose al mondo.
Conosco i primi 200 giocatori in classifica, uno per uno, e bene.
Conosco tutti i tornei, da quelli grandissimi che vedete anche voi a quelli minuscoli - come i futures - che seguiamo solo noi appassionati.
Conosco abbastanza bene anche tutta la storia di questo meraviglioso sport. Certo non come uno storico serio ma diciamo che per ogni epoca so individuare i più forti. E da fine anni 80 me li ricordo tutti.
Ma non tutti sanno che sono stato anche un istruttore di tennis. Certo non un grande giocatore, anzi, nemmeno un buon giocatore (però ho avuto una caratteristica, ho vinto tutte le partite che dovevo vincere e buona parte di quelle che in teoria avrei dovuto perdere), ho cominciato tardissimo, avevo uno stile in alcuni colpi davvero terribile.
Ero un agonista, perchè ho sempre pensato che il modo migliore per onorare lo sport fosse dare il massimo, voler vincere. Sì, si gioca per vincere, non per partecipare. E se giochi per vincere, se dai il massimo e poi perdi sarà bellissimo lo stesso.
Le mie 5 partite più belle sono state 5 sconfitte, tutte con giocatori tanto più forti di me.
Li ho quasi battuti.
Non ci può essere sensazione più bella quella di aver dato tutto e aver onorato lo sport.
E questo ho sempre insegnato ai miei bambini (insegnavo ai bambini, credo di esser stato molto portato in quello, certo non avrei mai potuto insegnare ad adulti già forti di suo, servono maestri migliori per quello).
Insegnavo cioè a divertirsi ma anche a non aver paura del confronto, della partita, del risultato. I genitori, pochi, mi dicevano "non gli far fare la partita, se perde sta malissimo".
Ma era un paradosso, a che serve fare uno sport di uno contro uno se hai paura dell'uno contro uno? Si dovevano educare i bambini a voler giocare le partite, a capire le situazioni di gioco (sempre diverse dall'allenamento), a vedere quanto è bello vincere o perdere se hai giocato al massimo.
Se qualche bimbo aveva paura di perdere la colpa era a monte, non certo mia.
C'è qualcuno nettamente più forte di te? ci giochi, ci perdi, migliori (perchè si migliora solo con i più forti), gli dai la mano a fine partita e tutto è bellissimo così.
E se invece perdi con uno più scarso, perchè hai giocato malissimo o per altro, ok, arrabbiati pure, ti farà bene.
La prossima volta sarai più forte e concentrato.
Ora..
Mi ritrovo davanti per la prima volta in vita mia un film che racconta in maniera perfetta tutto il mondo del tennis, sia quello fuori che quello dentro il campo.
Il mondo dei professionisti milionari, quello invece dei (semi)professionisti che faticano ad arrivare a fine mese, quello dell'insegnamento del tennis, quello delle sconfitte brucianti e dei successi che ti danno alla testa, quello delle aspettative che se ne vanno per sempre, quello dei sacrifici, quello di provarci ancora, quello del non poter accettare di non essere più forti come un tempo, quello dei viaggi in posti lontani dove se vinci il torneo guadagni qualcosa ma se se anche solo arrivi in semifinale è una rimessa, quello degli sponsor che non ti calcolano più e devi andare a comprare un paio di calzini da solo, quello dello sponsor che poi ritorna perchè adesso sei un caso mediatico che interessa la gente, quello del dover conciliare sta passione che ormai niente più ti porta con una famiglia, con la vita "vera" (ma sicuri che la vita vera sia solo quella? le passioni non lo sono?), quello delle madri che ti insegnano che esiste solo la vittoria e non credono in te, quello che ti racconti che Ivanisevic ha vinto il primo Slam a 30 anni e Connors era forte a 40 e quindi anche te, a 37, puoi tornare quello di un tempo, quello degli infortuni per cui non potrai mai più essere lo stesso ma non lo accetti, quello del renderti conto che sei vicino alla fine ma non sai fare altro (quegli spazi lasciati vuoti sul pc nel film), quello delle partite che sei sotto 2-6 1-4 ma poi piove, puoi fermarti un attimo e se per puro caso riesci a trovare motivazioni diverse poi vinci la partita (perchè il tennis è quasi tutta testa), quello del più terribile e simbolico dei punti forse di tutti gli sport, il match point, quell'unico punto che ti separa dal trionfo e che puoi raggiungere anche senza fare niente volendo (un doppio fallo, un errore avversario) ma a volte, anzi, spesso, lo perdi quel punto e poi a volte perdi anche la partita, e a volte perdi anche il torneo, a e a volte perdi anche la semifinale del Roland Garros a 19 anni, tutto per un punto, un punto, qualcosa che può arrivare anche dal cielo, e te perdi e ripenserai sempre a quel punto, la partita è persa ma era vinta, e quel punto quando ti va bene ti cambia l'intera giornata, quando va male la settimana, quando va malissimo un mese, quando - come nel caso di Thomas Edison nel fil - va in modo tragico, ti cambia la vita intera.