8.1.25

Le classifiche de Il Buio in Sala - Miglior Film uscito in Italia nel 2024 - I Migliori 15, le delusioni e qualcos'altro

 

Ed eccoci alla classifica annuale!
Ci tengo a dire due cose molto importanti.
La prima è che quest'anno non ho visto un'infinità di film che, ne sono sicuro, sarebbero stati nella mia top dell'anno.
E non parlo solo di film "importanti" come Sorrentino o altri ma anche di piccole perle che avrei amato sicuro (Vermiglio? Flow? Invelle? All we imagine is light?)
La seconda è che malgrado tutte queste mancanze fatico a ricordare un anno come questo, ovvero con più di 10 film ai quali ho dato 8.
Per capirsi The Holdovers, 11imo, sarebbe stato top 5 in altre annate.
Sinceramente non ce la faccio lassù in cima a metterli in fila, quindi è probabile che andrò con molti ex aequo.


Prima di partire con la top vorrei segnalare alcune mie delusioni.

IMPORTANTE

In questa lista di film che mi hanno deluso ci sono, paradossalmente, tutti film che mi sono piaciuti (alcuni anche da 7).

Ma vuoi per aspettative non mantenute o per film che nel secondo tempo hanno distrutto la meraviglia del primo questi sono i film dove mi sono più dispiaciuto/incazzato.
 Ma solo perchè volevo amarli o li stavo amando prima del tracollo.


THE SUBSTANCE


TERRIFIER 3


LIMONOV


WHEN EVIL LURKS


TRAP


KINDS OF KINDNESS


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E passiamo così alla mia top 15 del 2024.

IMPORTANTE !!!!

Come avevo previsto qua sopra non sono riuscito a mettere in fila tutti i film.
Anzi, direi che dal terzo al decimo siamo tutti sullo stesso voto.
Con molta forzatura sono riuscito bene o male a dividerli in qualche modo ma, insomma, siamo lì.
E' per questo che ci sono 3 film tutti parimerito al terzo posto e altri 3 tutti al sesto.
Mi sono appena accorto che 3 dei miei 5 film preferiti di quest'anno raccontano tutti di amori che superano i concetti di spazio e tempo, incredibile.
Ah! Ogni titolo rimanda alla recensione nel blog (anche se tre di questi, ahimè, non li ho scritti).
In ogni caso vi incollo qua tutti i riassuntini delle recensioni.
Non li ho nemmeno ricontrollati sti riassuntini quindi se vi sembrano "strani" ricordate che non sono scritti per questa occasione ma all'epoca della visione del film.
Partiamo.



Credo che film come Civil War non siano oggettivamente belli o brutti o oggettivamente riusciti o mal riusciti ma tutto dipenda non tanto dal gusto di chi guarda (questo avviene sempre, ovviamente) ma dal punto di vista da dove lo si guarda.
Perchè quest'ultimo film di Garland (autore che amo molto, sia come sceneggiatore che come regista) se lo si giudica per quello che mostra ha tante falle, tante forzature, tante scene poco credibili, una grande prevedibilità di fondo, un senso di "reale" lontanissimo.
Eppure, secondo me, questo è un film da prendere in senso simbolico, un film che lancia un messaggio, e che lo fa nel modo più estremo che può, per farlo arrivare più potente possibile quel messaggio.
E allora tutto è un autentico parossismo, un portare tutto al limite, per raccontare un mondo già morto, ormai freddo e cinico, ormai assuefatto dalla violenza, un mondo senza più pietà ed empatia, in cui vedere e fotografare l'orrore è una semplice abitudine.
E lo fa soprattutto mettendo a specchio i due personaggi femminili, uno che, ormai "svezzato", perde sempre più umanità e l'altro che finalmente si sta svegliando, andando "indietro" rispetto alla disumanità raggiunta nei decenni.



Il prequel della saga Omen (secondo me assolutamente condivisibile come scelta, mancava sapere com'era nato - in tutti i sensi - Damien) si rivela come un buonissimo horror da sala.
Girato davvero bene, ambientato in una Roma degli anni 70 magistralmente ricostruita, recitato bene (specie dalle 3 giovani attrici principali, per un film molto al femminile) e con una storia abbastanza torbida e più d'una scena notevole da vedere.
La regista, giovane ragazza alla sua opera prima, dimostra di saperci veramente fare.
Certo ci sono sbavature, sia di scrittura che di qualche sequenza o mal costruita o di grana grossa, ma questo Omen - L'origine del Presagio è un perfetto esempio di come dovrebbero essere gli horror da sala, spettacolari il giusto, recitati bene, con una storia accattivante e non la solita catena di montaggio da jumpscares che abbiamo di solito


13 LA SALA PROFESSORI


(non recensito)

Un film kafkiano, davvero bello.
Insieme a Giurato Numero 2 un altro thriller etico e morale in un'ambientazione, quella della scuola, che resta sempre affascinante.

12 THE ANIMAL KINGDOM


(non recensito)

Se vi piacciono i film sull'adolescenza, sulla scoperta di sè, sul rivendicare chi chi siamo realmente The Animal Kingdom sarà una delle declinazioni più originali e spietate che potrete vedere.
Passato colpevolmente sotto silenzio




L'ultimo film di Payne è, come spesso accade, una coccola.
Lui è uno di quei registi, come ad esempio Dolan e P.T.Anderson, che ci dà sempre l'idea di amare i suoi personaggi e, di conseguenza, farli amare a noi, anche quando sono spigolosi e con molti lati fastidiosi.
Un burbero professore, un giovane allievo triste e ribelle e una cuoca che ha da poco perso il figlio in guerra sono costretti a passare due settimane da soli (le vacanze di Natale) nell'enorme istituto dove insegnano, studiano e cucinano (a seconda dei ruoli).
Tre diverse solitudini, tre diversi dolori che, piano piano, si avvicineranno e colmeranno a vicenda.
Un film divertente, dolce, anche amaro a volte e che restituisce un Giamatti incredibile, da pelle d'oca.




L'ultimo film di Lanthimos è qualcosa di davvero nuovo per lui.
Povere Creature è infatti il suo primo film basato sull'accumulo, sull'esagerazione, sull'aggiungere cose, sulla ridondanza, visiva e non.
Per un regista che invece aveva fatto del togliere, dell'essenzialità e della reticenza il suo marchio di fabbrica (anche nei film americani).Questo è un grande film sulla libertà, sull'indipendenza, sull'emancipazione, sulla scoperta di sè e del mondo e su quella cosa così bella e perduta nell'essere adulto che è lo stupore.
Eppure una seconda parte piena - per me - di problemi rovina un film potenzialmente magnifico che, anche se in cornice favolistica, racconta concetti grandi e importanti (ma del resto le favole, per definizione, servono a insegnar cose importanti).L'ho amato tanto ma per lunga parte della sua durata ho pensato di poterlo amare ancora di più.



Siamo a teatro.
Uno spettatore interrompe la commedia che si sta svolgendo sul palco perchè noiosissima, deprimente, e lui che si è ritagliato per una volta due ore di relax in una vita solitaria e triste questo non può accettarlo.
Yannick - questo il nome dello spettatore - fa sul serio e tira fuori anche una pistola, costringendo tutti gli spettatori e gli attori ad aspettarlo mentre lui, sul palco, con un pc, scrive una nuova sceneggiatura.
Il geniale Dupieux tira fuori un altro film assurdo (anche se, paradossalmente, il meno assurdo suo), divertentissimo, satirico, caustico.
Si ride tanto in questo film cortissimo (un'ora!) con un personaggio principale che forse inizialmente risulta odioso ma poi, piano piano, svela la sua vera anima.
Forse Yannick è il contraltare leggero di Interruption, il film greco capolavoro che aveva un soggetto iniziale praticamente identico.
Eppure questo è anche il film di Dupieux più umano, quello dove il regista francese, in modo quasi nascosto ma potente, sa regalarci anche emozioni.
Il coma è una malattia.
E quella malattia è l'amore.
O, la mancanza di esso.



Il quarto film di Perkins è la sua ennesima conferma.
Quattro film uno completamente diverso dall'altro per plot e appartenenza a sottogeneri differenti ma in realtà tutti accomunati da più di un elemento, elementi che non spoilero in questa piccola introduzione.
Longlegs sembra un thriller "classico" che somiglia a quelli anni 90 ma poi si rivela prima psicologico e poi beep, non posso dirlo.
Un villain straordinario interpretato da un Cage quasi irriconoscibile.
Una cura estetica eccezionale, un'atmosfera malata e malefica.
Forse non perfetto nella narrazione e con troppi up and down.
Ma questo è uno di quei film che firmerei per vedere ogni singolo giorno.

6 GIURATO NUMERO 2


(non recensito)

Ho visto pochissimi Eastwood, giusto 6/7, con anche un paio di delusioni.
Qui, per quanto mi riguarda, siamo tornati ai livelli dei Gran Torino, dei Million dollar baby.
Cinema come sempre rigoroso sì, ma capace di emozionare, provocare tensione e farti stare per tutta la durata del film a farti domande sull'etica e sulla morale.



L'ultimo film di Sean Baker è, se possibile, il suo migliore (anche se io che ho come sfondo del blog The Florida Project sono combattuto).
L'ennesimo suo film con protagonista femminile.
L'ennesimo suo film sul mondo del sesso o della prostituzione.
L'ennesimo suo film con una protagonista "sbagliata", immatura, piena di contraddizioni, moralmente discutibile eppure, e qui sta gran parte della magia dei personaggi di Baker, amabile, umana, vera.
I suoi film pur raccontando spesso tematiche serie e importanti sono "leggeri", dolci, ironici, eppur non meno emozionanti.
Anora, se possibile, vira proprio nel comico tout court per gran parte della sua durata.
La storia di una spogliarellista che si innamora (finge di innamorarsi) del ricchissimo (e immaturissimo e superficialissimo) figlio di un oligarca russo.
Feste, sesso, soldi, un matrimonio a Las Vegas.
Un matrimonio che non s'ha da fare però, dicono i russi.
Si ride, tanto.
Eppure negli ultimi minuti il film diventa altro.
E lo fa attraverso un personaggio sempre rimasto sullo sfondo ma, in realtà, l'unico che c'è sempre stato.
Igor è la personificazione dell'amore, dell'affetto, della presenza, della protezione, dell'esserci.
E un finale da pelle d'oca ci darà le chiavi per raccogliere tutti i pezzi.
Stupendo.



Un film straordinario che purtroppo (perchè in sala tantissimi lo avrebbero consacrato come uno dei film dell'anno) e per fortuna (perchè almeno lo si può vedere sempre) è uscito solo su Netflix.
Jakub va in missione spaziale per analizzare una misteriosa Nube Viola che da anni è visibile dalla Terra.
Un viaggio di un anno, completamente solo.
Finchè nella navicella non entra un "invasore".
Film esistenziale, di quelli che non smetterei mai di vedere.
Un'opera che racconta in un modo originale e commovente di come a volte l'unica salvezza sia guardare dentro sè stessi.
Riscoprendo quello che siamo, quello che ci fa stare bene, i sentimenti che proviamo.
E che ci fa capire che a volte per riconquistare l'Amore bisogna tornare al Principio.
Principio che non è un luogo dietro di te ma, al contrario - in un sorprendente paradosso - un luogo da raggiungere.
Davanti a noi.




L'opera quarta dei gemelli D'Innocenzo (una miniserie che uscirà su Sky ma che sta passando adesso nei cinema anche come "film lungo") è, ancora un volta, la conferma di trovarci davanti a dei grandi talenti, a dei veri autori che fanno un cinema in Italia che pochi hanno il coraggio di fare.
Un cinema che racconta violenze sempre più estreme, dolori mai superabili, vite perse mai più recuperabili, un cinema "nero" e pieno di cose orribili ma che, per eleganza e qualità di scrittura, emoziona come le cose belle.
La storia di un serial killer che lascia "lettere letterarie" sui luoghi dei suoi omicidi.
E la storia di un poliziotto, uomo devastato da un senso di colpa insuperabile, che prova a dargli la caccia, in un misto tra odio e fascinazione.
E anche la storia di una figlia anch'essa devastata dalla vita e da una mancanza d'amore e d'affetto ormai croniche e probabilmente mai più guaribili.
Dostoevskij (girato in pellicola) è grande cinema, cinema della disperazione e del dolore.



The Beast è uno dei film più complessi, "importanti" e belli di quest'anno.
Siamo nel 2044 e Gabrielle, per trovare lavoro, affronta un colloquio in cui un'intelligenza artificiale (io la chiamerò Il Sistema) le dice che deve purificare la propria anima.
E questo significa eliminare tutte le emozioni, una specie di Atarassia del futuro che è condizione necessaria per fare sempre la cosa giusta, senza farsi condizionare dal proprio stato d'animo.
Per farlo Gabrielle deve "rivivere" le sue vite precedenti ed eliminare ogni fonte d'emozione.
In qualche modo, disconoscere quindi la sua stessa capacità di amare.
Gabrielle che ha vissuto tutte le sue vite sentendo sottotraccia la presenza di una Bestia, di un qualcosa o qualcuno che l'avrebbe portata alla tragedia.
Film che analizza tantissime cose, le possibili derive della nostra società, la spersonalizzazione, la realtà vera e quelle virtuale che ci costruiscono intorno.
E la forza  - che a volte è anche necessità - di difendere il proprio amore e la propria possibilità di emozionarsi ancora contro tutto e tutti, contro il Tempo, contro il Sistema, contro il non amore.




Si abusa - io per primo - dell'aggettivo "importante" quando si parla di alcuni film.
Eppure in questo caso è impossibile discostarsene, La zona d'interesse è un film troppo importante.
Perchè attraverso una storia e una regia pulite, geometriche e perfette - come pulita, geometrica e perfetta è la vita che vive la famiglia del gerarca nazista a fianco - appena un muro li divide - dall'orrore dei campi di Auschwitz - in realtà riesce a raccontare talmente tante cose e a suscitare talmente tante metafore e suggestioni da far quasi spavento.
E a raccontare l'oggi ancora più dello ieri.
Un film sull'indifferenza all'orrore, sull'alienazione, sul far finta di non sentire il brusio.
Brusio che, invece, per chi vuol sentire, è rimbombo e frastuono.

1 ESTRANEI


Estranei è un film meraviglioso, di sicuro una delle migliori cose potrete vedere quest'anno in sala.
Io ho avuto bisogno di due visioni, cosa che, se riuscite, consiglio a tutti.
Un film di solitudini "perfette", di vuoti incolmabili, di vite non vissute, di necessità di essere capiti e perdonati, di amori mai vissuti perchè mai conosciuti, di fantasmi, di scrittura salvifica, di mondi e dimensioni che si intersecano tra di loro.
Auguro a chiunque di voi di essere guardati almeno una volta nella vita come Andrew Scott guarda i suoi genitori, ormai perduti, e il suo amore, amore probabilmente non reale ma talmente indispensabile e bello da diventare, probabilmente, l'unica ragione di vita.

ANCHE SE IL MIGLIOR FILM DELL'ANNO IN REALTA' DOVREBBE ANDARE A :

ENNIO DORIS - C'E' ANCHE DOMANI





6.1.25

Recensione: "Nosferatu" - Al Cinema 2025

 

Non ho visto nè il Nosferatu di Murnau nè quello di Herzog.
Anzi, fino a ieri a malapena conoscevo le differenze, sempre che ve ne fossero, tra la figura di Dracula e quella di Nosferatu.
Quindi questa è semplicemente la recensione di una persona che ha visto un film e ne parla a chi ha voglia di sapere cosa ne pensa.
Una recensione (o una persona) non competente sull'argomento e quindi probabilmente nemmeno interessante.


La locandina qua sopra.
Una ragazza quasi in estasi o ipnosi pronta ad accogliere qualcuno, o qualcosa.
E quel qualcosa, quell'ombra, pronto ad entrare, desideroso di lei.
In questa locandina c'è veramente tutto quello che ho amato del Nosferatu di Eggers, ovvero non tanto le superbe location, l'atmosfera o l'aura malefica che serpeggia dal primo all'ultimo minuto, ma queste due figure, Nosferatu ed Ellen, così a loro modo simboliche, complesse, due figure che raccontano stati d'animo, meccanismi psicologici, sentimenti, destini.

Ellen è una giovane e bella ragazza appena sposata.
E' follemente innamorata del suo Thomas (di quell'amore romantico, letterario e incondizionato tipico dell'800) ma c'è qualcosa dentro di lei che non funziona.
E' un mal di vivere - una coltre nerissima - che l'avvolge.
Sono anni e anni che ne soffre, specie in sogno.
Quella coltre è la depressione ed Ellen lotta con lei in maniera commovente, raccontandosi che l'amore per il suo Thomas la fa(rà) star bene, che tutto passerà.
In realtà quella depressione potrebbe aver matrici "esterne".
C'è un mostro, un essere millenario che vive in Boemia, che si nutre di sangue umano e che ha un'idea fissa in testa, ovvero possedere questa ragazza che in realtà non ha mai visto ma alla quale si sente indissolubilmente legato.
Questa ragazza, inutile dirlo, è Ellen.
La potenza di Nosferatu, ovviamente per me, è qua più che in qualsiasi altro aspetto.
Ovvero in questa dolorosa e straordinaria metafora.
Ellen che è depressa, quindi "votata" all'oscurità (la depressione la si può raccontare in mille modi e in mille libri ma niente sarà mai più indicativo del semplice accostarla al nero assoluto) e quindi, in qualche modo, tende ad "abbracciarla" quell'oscurità.
E quell'oscurità è impersonata in un mostro realmente esistente, un mostro che del buio è addirittura il Principe.
Potremmo accostare Nosferatu sotto questo aspetto a due capolavori degli anni 2000, Babadook e Melancholia.
Se ci pensate, in qualche modo, Nosferatu è il Babadook della protagonista, quel mostro che, in realtà, non è altro che reificazione del proprio stato d'animo, dei propri demoni, del proprio mal di vivere.
Nel capolavoro della Kent la protagonista imparava a riconoscerlo, a non farsi uccidere da lui e ad imparare a conviverci.
Qua no, qua c'è un unico e grande destino, ovvero quello che per uccidere quel demone bisogna morire.

E per tutto il film - specie nei sogni, in un film che per buon 1/3 è fatto di quel materiale, quello del sogno - Ellen sembra protesa verso quel buio, sembra bramarlo, sembra non aspettare altro che raggiungerlo.
Da qui l'accostamento a Melancholia, altro grandissimo film sulla depressione.
Anche qui potremmo paragonare Nosferatu (inteso come mostro) a quel pianeta che sta per schiantarsi sulla Terra.
Come nel gigantesco film di Trier anche qua un'intera calamità distruttrice (non è un caso che Nosferatu porti pure la Peste Nera) arriva da noi "semplicemente" attratta dal mal di vivere di una sola persona, di una sola ragazza.
C'è una differenza abissale però, l'incontro tra Justine e la sua depressione (il pianeta) significherà la fine dell'umanità, quello tra Ellen e la sua (Nosferatu) rappresenterà l'esatto contrario, la salvezza di tutti noi, in una specie di martirio.

tra l'altro interessantissimo notare come entrambe le ragazze, in una condizione esistenziale quasi identica, abbiano anche il potere di "sapere" le cose, con Ellen che conosce tutte le vicende che le accadranno o Justine, tra le altre cose, con la famosa scena del numero di fagioli nel vasetto. Questo loro mal di vivere, così sovrumano e definitivo, sembra avere dato loro la possibilità di vedere e sapere cose impossibili per noi

Ora, in questa mia lettura, e la cosa vale sia per Melancholia che per Nosferatu, è interessante notare come possiamo leggere queste due traiettorie destinate a scontrarsi (abbracciarsi) in due modi esattamente opposti.
Justine ha attirato Melancholia portandola da noi o Melancholia (che comunque sarebbe arrivata sulla Terra) ha attratto lei?
Ellen ha attirato Nosferatu o la sua depressione è un maleficio di quest'ultimo?
E così torniamo alla locandina.
Perchè se abbiamo analizzato la parte destra dell'immagine, quella di una ragazza pronta ad accogliere definitivamente l'Oscurità, adesso volgiamo lo sguardo a sinistra.
E a sinistra abbiamo un Mostro sanguinario, non umano, millenario, immortale.
Anzi, non immortale, perchè (a differenza ad esempio di Dracula) può morire in un solo modo, ritrovandosi sveglio all'alba.
E può arrivare sveglio all'alba solo se "perso" nel rapporto amoroso e sanguinario con la sua amata.
Come se quel desiderio incredibile di possederla (unico vero scopo della sua vita) sia così forte da fargli dimenticare la sua natura, obnubilarlo.
O, in una lettura ancora più "incredibile", essere pienamente cosciente della cosa ma accettarla, preferire morire e vivere quel desiderio rispetto al non morire mai senza averlo vissuto.
Nella superba e quasi "commovente" scena di quel sesso tra i due, in quell'alba che arriva e rende quel corpo prima immortale ora un freddo scheletro, questo è il dubbio che mi ha assalito, Nosferatu "sapeva" ?
Era cosciente che sarebbe morto per questo?
Vedete, le due diverse letture, seppur simili, hanno una profonda differenza.
Da una parte abbiamo la metafora che ci sono desideri talmente forti da farci perdere la ragione, dall'altra, invece, la "lucidità" che per vivere quei momenti valga la pena anche morire.
Ecco, se fosse vera questa ipotesi avremmo il paradosso per cui la figura di questo mostro ripugnante è, se possibile, la più romantica del film, quella disposta, "per amore", a perdere più di tutte le altre.
Ecco così che la lettura di quella locandina possiamo considerarla terminata, una ragazza pronta ad abbracciare l'oscurità e un'oscurità pronta a morire per abbracciare lei.
Magnifico.


Che poi, in quello che considero il dialogo più bello ed emozionante del film, è lo stesso Nosferatu ad indicarci questa possibilità per cui tutto parta da Ellen (nel nostro parallelo è come se quindi il pianeta Melancholia sia stato attratto da Justine).

"L'Amore è inferiore a te, tu non fai parte dell'umano genere. Tu sei il mio tormento"

Dice il mostro a lei.
Mettendosi in una sorprendente posizione di "inferiorità", lui succube di lei, lei la figura sovrumana più potente.
Come lei del resto dirà "Lui ha la mia malinconia", altra frase superba che possiamo leggere in più modi, specie grazie a quell' "ha" che sostituisce "è".

E, in questo film così pieno di doppie letture, come leggere quel finale, come un sacrificio d'amore per salvare tutti (con lei martire) o come la semplice e rovinosa deriva (la morte) di una depressione impossibile da superare?
Ellen ha voluto salvare tutti o, semplicemente, è andata incontro definitivamente a quel nero assoluto perchè incapace di guarire? 
Perchè poi questo è un film in cui quasi tutti i personaggi muoiono per amore, Friedrich e tutta la sua famiglia, Knock (in questo caso amore visto come idolatria), Ellen (se intendiamo il suo come sacrificio) e lo stesso Nosferatu, anzi, forse lui nel modo più romantico di tutti.
E, ripensateci, il primo sogno raccontato da Ellen è proprio quello di un matrimonio, ma con la Morte al posto di Thomas (amore e morte quindi convivono dal minuto 1).

Oh, cavolo, ma c'era anche un film di cui parlare!
Faccio ancora in tempo?